[03/05/2007] Acqua

Petrella: acqua pubblica. Può funzionare

LIVORNO. «Spero che il numero degli intervenuti sia inversamente proporzionale all’interesse». Anna Maria Marrocco, assessore provinciale dei Verdi, ha aperto con questa amara battuta il forum “Acqua bene comune?” organizzato dai gruppi consiliari Verdi, Rifondazione, Comunisti Italiani del consiglio provinciale di Livorno e al quale era invitato Riccardo Petrella (Nella foto), presidente del Contratto mondiale sull´acqua. Effettivamente l’affluenza è stata bassa, ma gli argomenti erano invece molto stimolanti e di grande attualità visto che proprio in questi giorni alcune regioni italiane, tra le quali anche la Toscana, stanno chiedendo lo stato di crisi per la siccità.

Riccardo Petrella – dopo l’introduzione dell’assessore - ha affrontato il tema suddividendolo in tre punti. Il primo riguarda proprio la siccità: «Perché – ha domandato Petrella – è difficile affrontare in modo reale l’emergenza idrica? Perché se si guarda a livello regionale e non solo i piani di emergenza non ci sono. La frammentazione delle competenze fa sì che ognuno pensi solo a sé e ai suoi corporativismi. L’agricoltura, di fronte alla siccità – cosa dice? Va bene razionalizzare, ma dell’acqua ho bisogno non puoi togliermela. L’industria dice la stessa cosa e così via. In questo modo non si riesce a governare la situazione anche perché sapete chi deve gestire l’emergenza? Il ministero dello sviluppo economico e delle attività produttive. Dovrebbe invece essere la Presidenza del Consiglio. Anche fare intervenire la protezione civile significa guardare solo all’emergenza. Siamo dunque incapaci di governare l’acqua? Ma in fin dei conti noi sappiamo ad esempio perché il Po sta morendo. Mica perché la natura ha deciso che voleva farlo morire, ma per l’attività umana. Dunque la strada per evitare che muoia è evidente: non fare quello che è stato fatto finora».

Il secondo punto riguarda i consumi dell’acqua e la tariffa. «C’è qualcosa che non funziona quando il cittadino consuma meno acqua e vede aumentare le bollette. Vogliono giustificare questa cosa dicendo che le tubature perdono il 30-40% dell’acqua e per fare lavori infrastrutturali servono soldi. Tutto questo per poi dire che, siccome le amministrazioni i soldi non li hanno, possono dare la gestione della rete ai privati. Questa è la politica dell’offerta. Ovvero quella dove si dice serve più acqua, ma mancano infrastrutture e quindi vanno finanziate opere come invasi e nuove tubazioni. Io dico un’altra cosa: facciamo la politica della domanda. Ovvero quanto mi serve. A Bari il consumo medio procapite è di oltre 300 litri di acqua al giorno. Stiamo parlando di una regione siccitosa e io mi sono chiesto: come è possibile? Se a Bruxelles ne consumano 109 e io riesco a consumarne 89, come può essere che in una regione che ha poca acqua se ne consumi così tanta? Ho cercato di metter mano a questa cosa ma mi hanno detto che non era possibile perché i privati che gestiscono l’acquedotto devono guadagnare e questa sua azione potrebbe mettere a rischio il loro bilancio».

Per quanto riguarda il terzo punto Petrella ha prima raccontato di quanto successo sempre in Puglia tra l’Acquedotto pugliese e la Merrill Lynch – ovvero il prestito della finanziaria americana che poi ha inguaiato la stessa società salentina costretta a pagare per una serie di investimenti andati male una cifra enorme di interessi per restituire il prestito – e poi si è soffermato sul «chi paga l’acqua in Italia?». «L’acqua non viene mai considerata nella sua interezza. Si parla di acqua per l’industria, per l’agricoltura e di quella idropotabile. Ma non si dice che l’80% dell’acqua in generale consumata non viene pagata. Mi riferisco a quella usata dall’industria, appunto, e dall’agricoltura. La Fiat, per intenderci, non ha mai pagato una lira per l’acqua che usa. Mentre i cittadini pagano tutti l’acqua che consumano, che però è il 20% del totale. Quindi la situazione è questa: l’acqua manca soprattutto perché lo sviluppo porta con sé alti livelli di consumo. Tra dissesto della rete, mancanza di infrastrutture, necessità di disinquinare ecc. i costi salgono sempre di più. Come fa lo Stato, si dice, a metter mano a queste cose senza aumentare le bollette? Così si accetta inevitabilmente che entrino i privati con tutto quello che ne consegue. Per me questa inevitabilità non c’è. Ci sono esempi in Europa dove le cose funzionano e sono in mano completamente al pubblico. Penso al Belgio per fare un esempio. Il pubblico in Italia però non sempre ha funzionato bene? E’ vero, ma noi dobbiamo guardare agli esempi positivi, a quelli che funzionano».

Torna all'archivio