[27/04/2007] Rifiuti

Di necessità virtù, dai problemi opportunità: La Germania ci riesce

LIVORNO. La Corte di Giustizia europea dà ragione alla Commissione che aveva fatto partire nel 2003 una procedura d’infrazione verso l’Italia, e condanna l’intero sistema di autorizzazione, gestione e smaltimento dei rifiuti. La motivazione è quella di aver permesso la proliferazione di migliaia di discariche abusive e di non aver operato affinchè i rifiuti prodotti venissero assicurati ad un sistema di recupero e smaltimento senza pregiudicare la salute e l’ambiente.

La prova dell’inadempienza del nostro paese parte da un censimento del Corpo forestale, che nel 1986 aveva accertato la presenza di 5978 discariche abusive, che diventano 5422 nel 1996 e 4844 nel 2002 (di cui 1765 nuove). E non sono state sufficienti le contestazioni portate a difesa dall’Italia, sul fatto che i dati non sarebbero affidabili in quanto non elaborati in collaborazione con il ministero dell’Ambiente, unica autorità competente in materia.

Ora l’Italia ha l’obbligo di provvedere a mettere in regola il settore, per evitare una seconda procedura d’infrazione che potrebbe sfociare in una ulteriore condanna da parte della corte di giustizia.

Di nuovo quindi emerge il fatto che in Italia - e il tema della crisi idrica di questi giorni ne è la ulteriore conferma - la cultura dominante è quella di porre rimedio ai danni prodotti molto più che alla prevenzione dei guasti. Approccio che determinerebbe non solo minori impatti, non solo costi evitati, ma che avrebbe innanzitutto il vantaggio di innescare una filiera industriale e quindi occupazionale oltre a stimolare la crescita di innovazione tecnologica. In altre parole farebbe divenire l’ambiente come una opportunità anziché un vincolo.

Concetto che a differenza dell’Italia ha invece ben introiettato la Germania, che da tempo ha intrapreso questa strada, a partire dal settore tecnologico di supporto alla gestione integrata dei rifiuti (compresi i nostri e compresi quelli pericolosi come l´amianto) e che da qualche anno si è esteso all’altro settore emergente che è quello delle energie rinnovabili. I risultati sono dimostrati dai numeri raggiunti. In 15 anni di affinamenti e ottimizzazioni, la Germania ha sviluppato il meccanismo di incentivazione sulle fonti rinnovabili che risulta quello di maggiore efficacia a livello mondiale, ed è ormai leader nel solare fotovoltaico installato con 20.000 MW (contro i 50 MW in Italia). Il settore dà oggi lavoro a 214.000 occupati, di cui 25.000 nel settore del solare fotovoltaico e le oltre 5.000 le aziende operanti nel settore solare hanno raggiunto nel 2006 un fatturato (annuo) di quattro miliardi di euro.

E adesso la Germania punta al raddoppio sul taglio delle emissioni di gas serra rispetto agli obiettivi del 20% decisi a marzo dall’Unione europea, ovvero il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.

Il progetto presentato ieri al Bundestag dal ministro dell’Ambiente Sigmar Gabriel, prevede il raggiungimento dell’ambizioso obiettivo attraverso la riduzione dei consumi elettrici dell’11%, e l’implementazione delle energie rinnovabili per la produzione di energia elettrica, che dovranno raggiungere il 27% (era l’11,8 nel 2006) entro il 2020.
Un impegno importante che si basa già oggi su solide fondamenta, dal momento che il 19% del mercato mondiale delle tecnologie in campo ambientale, che ha un valore di 400 miliardi di euro, è già oggi in mano tedesca.

Una "piegatura" netta quindi verso una riconversione ecologica dell’economia, basata sull’innovazione e sul giocare d’anticipo, anziché rincorrere le emergenze e recuperare i danni prodotti. Che forse proprio dall’esperienza del dover bonificare i danni arrecati all’ambiente dalla fase industriale precedente ha spinto la Germania a investire sulle soluzioni a monte. E che ha indotto la politica ad intervenire sull’economia orientandola verso la sostenibilità. Processo che stenta a partire nel nostro paese, dove è ancora molto più forte l’approccio di rimandare la soluzione dei problemi a valle. Che quasi mai riesce a produrre i risultati desiderati. E non solo sui rifiuti (il piano delle bonifiche è ancora al palo e sull´amianto diciamo nel pezzo di apertura), ma soprattutto non riesce a cogliere l´importanza di far decollare la filiera della nuova industria del risparmio, del trattamento e del recupero di energia e di materia.

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