[19/04/2007] Rifiuti

Piana di Scarlino, Costa: «Mobilità dell´arsenico? Poca, perché c´è bassa geodisponibilità»

SCARLINO (Grosseto). Sono stati resi pubblici oggi i risultati degli studi condotti dagli esperti dell’Università di Firenze, dall’Arpat e dall’Asl9 sulla presenza di arsenico nella piana di Follonica. Una occasione per cercare di far luce sullo stato ambientale di quel territorio, dopo anni di ricerche e di veleni (anche politici) che si sono riversati nell’area.

Nel 2003 furono presentati i risultati di una prima campagna di analisi realizzata tramite la convenzione «Scarlino I» stipulata tra la Regione, l’Arpat e il dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Firenze, sotto la responsabilità del professor Giuseppe Tanelli. Da cui emerse l’esigenza di estendere le indagini all’intero bacino del Pecora, allo Zanca e all’alto Bruna e di verificare la «mobilità» dell’arsenico, dal suolo alle acque e ai vegetali. Questa esigenza aveva quindi dato via ad una successiva convenzione , detta «Scarlino II», che ha previsto lo scavo di due pozzi alla Botte, una delle aree industriali a maggiore «criticità ambientale» assieme alla zona del Casone.

Abbiamo chiesto a Nino Costa, ex dirigente dell’Arpa di Grosseto che è stato uno degli autori dello studio, di dirci quali sono state le conclusioni.
«Sui pozzi della Botte, gli studi condotti dal professor Tanelli sono arrivati sino al substrato roccioso. Sono state quindi analizzate le acque di falda (ne sono state trovate 9) e dei sedimenti. I terreni sino a 90 metri hanno un contenuto medio di arsenico di 221mg/kg., quindi elevato dato che il limite per le bonifiche delle zone industriali è di 50. Nei 50 metri successivi i valori erano uguali o inferiori a 20 mg/kg , quindi al limite di bonifica delle aree urbane. Nell’acqua il contenuto di arsenico registrato diminuisce man mano che si scende nelle falde più profonde: molto critica la situazione della prima falda con valori sopra 1000 microgrammi/litro, quindi 100 volte oltre il limite dell’acqua potabile, mente la criticità scende nelle altre otto falde, con delimitata o nulla criticità».

Questo per quanto riguarda lo studio sulla Botte. E sulla mobilità dell’arsenico negli alimenti?
«Sulla mobilità dell’arsenico la situazione ambientale del territorio è tale da non determinarla. Perché c’è una bassa geodisponibilità, che deriva dal fatto che il terreno è poco acido e rende poco mobile l’arsenico».

Questo è un quindi un fattore importante affinchè l’arsenico diventi poco disponibile per la mobilità verso le matrici alimentari?
«Sì, anche lo studio fatto da Arpat e Asl dimostra che ci sono limitati trasferimenti per quanto riguarda i cereali mentre per altre matrici alimentari indagate (mais, girasole, olive, ortofrutta) la situazione è assolutamente tranquillizzante. Questo significa che siccome sui cereali qualche problema sembra esserci l’indagine va approfondita sull’aspetto della diffusione dei metalli pesanti dai suoli alle matrici alimentari».

Durante l’incontro è stata fatta anche una presentazione dello stato dell’arte sulle bonifiche. E sulla presenza di arsenico emerge che c’è una anomalia diffusa di arsenico nei terreni superficiali nella zona compresa tra il Pecora e il canale allacciante che finisce al Puntone, con un valore medio di fondo 110 mg/kg. Più alte le concentrazioni dell’area industriale con un valore medio di 190. Il dato della presenza diffusa che sarebbe da ascriversi ad un fattore naturale, è stato da sempre il motivo addotto dalla parte industriale, per non dover intervenire con la bonifica. A tale proposito sono allora interessanti le conclusioni del prof. Tanelli in cui si dice che «ono inconsistenti le ipotesi avanzate di non dare corso alle analisi di rischio e/o bonifica e/o mesa in sicurezza delle aree dove sono presenti resti dei trattamenti industriali della pirite ritenendo confrontabili i tenori di arsenico di quei materiali con quelli dei terreni».

Torna all'archivio