[16/04/2007] Monitor di Enrico Falqui

Conservazione e/o cambiamento

Pierpaolo Pasolini, ormai quasi 50 anni fa, ci avvertiva del grande cambiamento che stava investendo la cultura italiana attraverso una radicale modificazione antropologica; in "Lettere luterane" egli scrive: «nessun borghese nel 1961 sapeva in concreto cos´era e come viveva il sottoproletariato urbano e nella fattispecie quello romano...la nuova società consumistica sembra aver cancellato quelle forme di vita, consumando un genocidio culturale».
In quegli stessi anni, in Italia come in Europa, stava avvenendo una fortissima ristrutturazione del sistema produttivo e del welfare state che cambiava non solo la gerarchia dei poteri tra le classi ma anche la natura stessa delle città.

La città " fordista" cedeva progressivamente il campo a un nuovo modello di conurbazione diffusa, iniziando un lungo processo di cambiamento verso il modello di metropoli diffusa e di città " globale" (secondo la celebre definizione di Castells). Eppure la maggior parte degli urbanisti dell´epoca, come ci conferma in un recente seminario svoltosi a Venezia anche Bernardo Secchi, uno dei più famosi urbanisti italiani, interpretò quel fenomeno di cambiamento come "la fine dell´espansione della città" e l´avvento della riconfigurazione della città ( Renovatio Urbis). Il dibattito urbanistico italiano si concentrò sulla necessità di produrre progetti puntuali e limitati, attraverso i quali ridare un senso all´intera compagine urbana, dimenticando che il cambiamento antropologico da cui la società era investita possedeva una forza intrinseca capace di smantellare il pensiero debole della riconversione e del recupero urbano.

La città post-fordista non si espandeva più per effetto di una crescita dell´inurbamento delle popolazioni rurali o migranti, bensì per effetto di una " pianificazione occulta" diretta dai nuovi centri di potere ( banche, medie imprese private e grandi imprese pubbliche) a infrastrutturare il territorio in modo da rivoluzionare i luoghi dell´abitare, del produrre e del commercio, da modificare i valori della rendita fondiaria e immobiliare, da trasformare radicalmente stili di vita e comportamenti culturali.
L´idea mite della "renovatio urbis" (salvo pochi casi significativi di recupero e ristrutturazione urbana sostenibile realizzati) venne travolta da un´idea nuova di espansione della città e delle sue ramificazioni, occupando nuovi suolo liberi nello spazio rurale delle città.

Alla fine degli anni 80, con la caduta del muro di Berlino e la conseguente eliminazione di tutte le barriere tra Est e Ovest, nuovi processi di globalizzazione economica e finanziaria si sono affacciati sullo scenario mondiale , innescando un formidabile mutamento dell´antropolgia culturale, non più di un continente bensì di tutti i popoli viventi sul pianeta.
Il cambiamento consiste nella cancellazione di ogni significato tradizionale dello spazio insediativo umano.
Le tradizionali motivazioni che hanno caretterizzato l´ascesa e il declino delle città in funzione della scelta del loro spazio insediativo in relazione all´uso delle risorse e delle materie prime , perdono di significato e mutano progressivamente il ruolo dello spazio urbano.

Molte di queste città, promotrici di economia finanziaria o influenzate dai processi mondiali di globalizzazione economica, non si espandono più attraverso una saturazione delle aree rurali disponibili aggiungendo nuove funzioni urbane. Nasce in queste città una " logica spaziale" che caratterizza i nuovi processi di accumulazione del capitale, produzione, organizzazione , integrazione di mercato.

Ciò che aumenta e si espande , in questa città globale, è lo " spazio dei flussi", strutturati in reti informatiche ed energetiche che collegano tra loro nodi strategici della produzione e della gestione. In queste città , invece per contro, diminuisce " lo spazio dei luoghi", come forma territoriale di organizzazione della vita quotidiana dei cittadini e come ambito della loro identità culturale e sociale.

La complessità di questa città consiste nel fatto che lo spazio dei flussi di energia e di informazione si espande vertiginosamente , mentre lo spazio dei luoghi rimane frammentato, si impoverisce l´ecologia di quel luogo urbano e progressivamente esso perde sia la sua identità culturale che quella sociale.
I processi di globalizzazione economica e finanziaria spingono queste città a competere con altre nello scenario mondiale attraverso un " mercato globalizzato" dello spazio urbano , che acquista o perde valore in funzione del rapporto che si viene a costruire nel tempo tra spazio dei flussi e spazio dei luoghi. Tanto più aumenta l´uno, tanto più diminuisce l´altro , tanto più la città diventa competitiva a livello globale.

E´ nata una città-metropoli che possiamo chiamare " duale" perché la sua forza di competizione dipende dal progressivo disaccoppiamento di queste due nuove caratteristiche dello spazio urbano.
In questa città-metropoli duale , la nuova espansione urbana si misurerà dall´incremento dello spazio dedicato o influenzato dal sistema dei flussi energetici e telematici, dalla perdita di identità sociale e culturale dei luoghi urbani, dal progressivo impoverimento dell´ambiente e del paesaggio urbano e dall´incremento della frammentazione dell´ambiente naturale. In questa città duale non necessariamente crescerà la sua popolazione, non necessariamente essa risulterà visibile come impronta sul territorio, ma potrà espandersi attraverso l´aumento delle reti infrastrutturali e dei circuiti telematici ed energetici con altre città limitrofe o distanti ma ben servite.

L´antica idea di Patrick Geddes della città-regione ritorna , in nuove forme e attraverso nuovi meccanismi, come metropoli diffusa , disegnata da un circuito invisibile di reti, di infrastrutture, di telecomunicazione che aumenta l´impronta ecologica delle città occidentali scaricando nelle bidonvilles delle megalopoli del Terzo mondo le diseconomie ambientali del nostro nuovo ciclo evolutivo delle città.

Di fronte a questo mutamento della qualità dell´espansione urbana, si comprende assai meglio perché l´ambiente naturale e il paesaggio urbano diventano " questioni chiave " della misura della sostenibilità delle trasformazioni urbane dei prossimi decenni.
Ad esempio, la proliferazione di centri commerciali avvenuta nell´ultimo decennio nella maggior parte delle città italiane, occupando anche spazi urbani che possedevano una precisa identità storica, sociale e culturale in esse, rivela esattamente questa strategia di incremento dello " spazio dei flussi" precedentemente descritto.

I Piani regolatori urbanistici si sono limitati ad accogliere questa " domanda economica globalizzata" come se fosse una questione di " riordino urbano " oppure di " miglioramento dei servizi ", non accorgendosi o fingendo di non accorgersi della strategia di lungo termine di cui questi progetti sono coerentemente lo strumento.
La trasformazione di questi spazi urbani attraverso una strategia di " malling " ha la capacità anche di influenzare l´antropologia culturale dei cittadini-consumatori , provocando quei cambiamenti negli stili di vita e nei comportamenti sociali verso i quali Pasolini cercava di metterci in guardia. L´investimento in questi progetti di centri commerciali ha una produttività e una remunerazione di medio-lungo periodo che trascende l´immediato profitto nei confronti dei cittadini consumatori ; esso possiede una capacità di creare un consenso di massa alla destrutturazione dello statuto dei luoghi urbani , alla frammentazione dell´ambiente e del paesaggio urbano che giustifica ampiamente i rischi di impresa nel processo di localizzazione e di esercizio.
Altri esempi si possono fare nel valutare l´influenza delle Aziende dei servizi della rete dei telefoni, del gas, dell´acqua che collegano tra loro città, nuclei e aggregati urbani in uno " spazio " regionale e spesso interregionale, creando una domanda di infrastrutturazione del territorio funzionale a una città dei servizi che si espande sul territorio, creando frammentazione dell´ambiente naturale e nuova domanda di urbanizzazione.

Oggi, di fronte al mutamento del modello e della forma dell´espansione della città verso la metropoli " duale", ci troviamo in una situazione molto simile a quello che accadde a Geddes, quando nel 1915, scoperse in Europa i primi sintomi dell" urban displacement of Nature". Non è più sufficiente ispirarsi allo slogan sul quale hanno vissuto di rendita per molti anni la maggior parte degli ambientalisti meno avveduti in Europa " tirare il freno dello sviluppo" ( Benjamin ). Cio´ che dobbiamo capire ( come forse ci suggerirebbe Pasolini se fosse ancora vivo con le sue rabbiose ed auliche parole)è che il paesaggio naturale e urbano è elemento costitutivo della nostra antropologia culturale cosi come lo Statuto dei luoghi delle nostre città . In quei semi fertili stanno le radici delle nostre identità comunitarie, esse costituiscono le basi irrinunciabili del nostro futuro e il senso di appartenenza della nostra civiltà.
I processi di globalizzazione economica e finanziaria rafforzano la centralità della città come luogo di competizione e conflitto proprio perché anche " lo spazio" urbano rischia di diventare una merce globale.

Per questo è illusorio pensare di conservare integro lo Statuto dei luoghi delle nostre città invocando l´arresto ( che non ci sarà!) della globalizzazione economica e finanziaria, così come fu illusorio per gli urbanisti italiani negli anni 60 auspicare la fine della crescita urbana ( che non ci fu ). E´ venuto il tempo invece di promuovere lo sviluppo della città attraverso progetti sostenibili che riducano l´impronta ecologica urbana , che sappiano ricostruire il nesso ambiente-paesaggio nelle nostre città attraverso una progettazione attiva di reti e corridoi ecologici, di miglioramento della carrying capacity della città , di restauro e recupero culturale e sociale degli spazi vitali della città, in modo tale da incrementare lo spazio dei luoghi riducendo " il dualismo " con lo spazio dei flussi nelle città che manifestano la volontà di esercitare un ruolo di competizione internazionale.
Per conservare intatta l´identità delle nostre comunità insomma, bisogna avere il coraggio di sostituire alla bandiera della metropoli duale il vessillo della città che compete in ragione della sostenibilità del suo sviluppo . Ovvero, agire, trasformare, progettare ciò che va cambiato e ciò che va conservato.

Torna all'archivio