[11/04/2007] Acqua

Come si concilia la scarsa disponibilità di acqua con le previsioni di ulteriori prelievi?

LIVORNO. Il tavolo sulla emergenza tenutasi nei giorni scorsi presso la Provincia di Livorno ha riconfermato lo stato di attenzione con cui si sta monitorando il rapporto tra piovosità e stato delle falde.
In questo quadro è estremamente condivisibile la preoccupazione che anche i gestori del servizio idrico integrato riuniti in Cispel esprimono sulla crisi idrica.

Mentre quindi è confortante vedere come la sensibilità per i cambiamenti climatici in corso diventi sempre più estesa, rilevo però un elemento di contraddizione nelle proposte che vengono avanzate dai gestori. Essi richiedono una maggiore semplificazione e velocizzazione delle procedure, sotto forma di una legge “sblocca interventi” che possa consentire loro di intervenire in tempi brevi per contrastare la possibile crisi estiva. Ma mi chiedo come si concilia tutta questa attività con le previsioni iperboliche di incremento dei prelievi che i gestori mettono in campo per il prossimo futuro e sulle quali si strutturano i Piani di Ambito.
Faccio l’esempio di Asa spa, che gestisce il servizio idrico integrato delle Province di Livorno e Pisa. I prelievi per uso idropotabile sulla costa livornese e parte del pisano, secondo i dati Asa, nel 2005 assommavano a 27 milioni e mezzo di mc, nel 2006 sono già passati a 29 milioni, nel breve termine Asa prevede una esigenza per usi idropotabili di 32,3 milioni di mc,, mentre per le esigenze future calcola un fabbisogno di 39,1 milioni di mc.. Impressionante è la previsione delle esigenze dei prelievi idrici sull’Elba che passano da 1 milione e mezzo nel 2006 a 6 milioni e mezzo a breve termine, senza calcolare l’acqua prelevata dalla Val di Cornia e trasportata sull’isola dalla condotta sottomarina. A fronte ci questi dati, il Comitato Tecnico del Bacino Toscana Costa, dopo un lavoro accurato e scientificamente supportato, valuta in 55 milioni di mc la quantità massima di acqua disponibile nei vari acquiferi costieri ed attualmente completamente utilizzata dal complesso delle attività industriali, agricole e civili.

Le modalità e gli eccessi di questi prelievi danno luogo in Val di Cecina e Val di Cornia alle alte concentrazioni di inquinanti naturali e antropici (boro, arsenico, nitrati, cromo esavalente, trieline ecc.) ed ai fenomeni di subsidenza ed ingressione salina che ormai fanno della nostra provincia un concentrato di criticità degli acquiferi. Sarebbe logico pensare quindi a non emungere tutti i 55 milioni disponibili e ad attuare serie misure di risparmio sia in agricoltura che nell’industria che nel settore civile. Come si conciliano allora i 55 milioni calcolati come disponibili dal Bacino nel nostro territorio con le previsioni di incremento dei prelievi, solo per usi civili, fino a più di 39 milioni?

Non solo, ma come si conciliano queste previsioni con l’urgenza di tutelare le falde, di predisporre prioritariamente una programmazione efficace per la riduzione delle perdite di rete, calcolabili in una percentuale che va dal 30 al 40% dell’acqua prelevata, soprattutto in mancanza, come invece previsto dal Piano di Tutela, di una efficace ed affidabile contabilizzazione dei prelievi con l’istallazione su ogni singolo pozzo idropotabile dei contatori con teletrasmissione?

Il problema dunque non è tanto la semplificazione procedurale per gli interventi in emergenza, ma soprattutto quello di assicurare ordinariamente un servizio efficiente, efficace nel risparmio e recupero dell’acqua, con esclusione di aumenti tariffari per i cittadini virtuosi e per i meno abbienti, aderente al calcolo scientifico della quantità di risorsa effettivamente disponibile e rispondente al concetto di “limite”. E’ tutta qui la discussione toscana e nazionale per definire se questi obiettivi possano essere raggiunti da assetti societari di tipo privatistico che hanno al loro centro una visione prettamente economicistica, oppure non sia il caso di recuperare una strategia pubblica nella gestione di una risorsa non rinnovabile e così delicata come l’acqua.

In questo quadro, a mio parere, deve essere riaffermata la centralità del ruolo delle Province, a cui la Regione Toscana ha affidato la titolarità del demanio idrico, nella programmazione strategica dell’uso della risorsa idrica. La esclusione degli enti provinciali dagli Aato, composti solo dai Comuni, comporta l’assenza di una valutazione dei Piani d’Ambito che tenga conto in modo complessivo della disponibilità di acqua e della compatibilità degli usi. Come autorità preposte al rilascio delle concessioni a derivare l’acqua per tutti gli usi, le Province, con l’aiuto delle Autorità di Bacino, sono le sole in grado di avere il quadro conoscitivo complessivo dello stato e degli usi della risorsa. Solo una forte strategia pubblica nella gestione può sciogliere le contraddizioni tra “disponibilità e sostenibilità”, garantendo una equilibrata distribuzione della risorsa disponibile, in base agli indirizzi e obiettivi quantitativi e qualitativi definiti dai Bacini e dal Piano di Tutela delle acque, e in relazione alle esigenze non solo idropotabili, ma anche ambientali e produttive del territorio di riferimento. Il ruolo delle Province infatti non attiene solo alla tutela della risorsa idrica ma anche alla programmazione dello sviluppo economico del proprio territorio, che solo in un quadro di conoscenza e coordinamento può avvenire in modo sostenibile per tutti.

*Assessore Provincia di Livorno alla difesa del suolo e coste, parchi e forestazione, pesca, Protezione civile

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