[10/04/2007] Comunicati

L’Onu dopo l’Ipcc

LIVORNO. Il segretario generale dell’Onu si è appellato ai governi ad «agire senza indugio» per prendere misure a grande scala per ridurre l´impatto delle conseguenze più estreme del cambiamento climatico.
L’appello di Ban Ki-moon arriva dopo la pubblicazione delle conclusioni del gruppo di lavoro II degli esperti dell’Ipccc sull´evoluzione del clima, e il segretario generale esprime la speranza che le parti coinvolte nella Convenzione sui cambiamenti climatici, che comprende anche il Protocollo di Kyoto, lavorino risolutamente in favore di un quadro d’insieme che miri a rimpiazzare il regime attuale una volta che sarà arrivato al suo termine nel 2012.

Ban Ki-moon spera quindi «che le parti approfittino dell´occasione per realizzare progressi in favore della comprensione di questo quadro nel corso dei lavori della conferenza della Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che avrà luogo a Bali, nel mese di dicembre di questo anno».

Secondo UN-Habitat, nel 2030 i due terzi dell’umanità vivranno nelle città, e più di due miliardi nelle bidonvilles, e questo renderà le popolazioni urbanizzate ancora più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Yvo de Boer, segretario esecutivo della Convenzione-quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici, ha sottolineato che «si può temere l’avvio di conflitti intorno alle risorse d’acqua, la propagazione di certe malattie e l’aumento delle migrazioni di popolazioni se misure d’adattamento adeguate non saranno adottate ed integrate all’interno di un piano di sviluppo a lungo termine. Gli impatti annunciati mostrano che dobbiamo urgentemente pervenire ad un accordo sulle azioni da realizzare su scala internazionale per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici e trovare modi efficaci di mobilitare i fondi necessari all’adattamento».

E l’urgenza avanza: i rifugiati climatici potrebbero raggiungere I 50 milioni entro il 2010. «Le nostre risorse attuali sono insufficienti – ha detto de Boer - La comunità internazionale deve dunque cercare nuovi contributi, soprattutto per i sotterfugi del mecato del carbonio, per far si che le popolazioni più vulnerabili siano in grado di adattarsi. In molti casi, i finanziamenti destinati a sostenere gli sforzi di adattamento contribuiranno ugualmente al progresso economico ed allo sviluppo sostenibile delle comunità toccate. L’evoluzione del clima non è più solamente una questione per l’ambiente, è anche una questione per l’economia, il commercio e la sicurezza che dominerà sempre di più le decisioni prese sulla scena economica mondiale e nazionale».

De Boer ha anche presentato il rapporto di una riunione regionale dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, che espone le azioni necessarie per facilitare il processo di adattamento ai cambiamenti climatici. Il rapporto mette in evidenza le perdite economiche attribuibili alla riduzione delle rendite agricole e la sparizione delle mangrovie e delle barriere coralline provocate dall’innalzamento dei mari e dall’acidificazione degli oceani. Ma anche di terre arabili ed abitazioni inghiottite dalle acque costiere, la diminuzione dl turismo causata dall’accrescersi dei fenomeni metereologici estremi.

Ma il rapporto sottolinea anche che «i piccoli Stati insulari sono duramente toccati dagli aumenti annuali dei costi delle assicurazioni. Per questo le misure prese dai governi in materia offrono la possibilità di stimolare la riduzione dei rischi e dunque promuovere l’adattamento, associando gli sforzi del settore privato alla lotta contro i cambiamenti climatici».

Secondo il rapporto, si potrebbero utilizzare i problemi assicurativi per andare al di là del modello tradizionale e mettere in campo dei meccanismi innovativi, per esempio permettendo ai piccolo Paesi insulari di generare crediti di carbonio in scambio di un sostegno in questo settore.

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