[05/04/2007] Urbanistica

Urbanistica. Conti: «Un sistema a filiera per governare il territorio»

LIVORNO. Ieri il Consiglio regionale con i voti dei consiglieri di maggioranza e di Rifondazione comunista, ha adottato il Pit, il piano di indirizzo territoriale. Adesso ci sono sessanta giorni di tempo per le osservazioni, dopodichè il Pit tornerà in consiglio per l´approvazione definitiva. Ma scattano già con la pubblicazione sul Burt, che sarà a giorni, le norme di salvaguardia che riguardano i piani attuativi previsti dai vecchi piani regolatori nei Comuni che non si sono ancora dotati di un regolamento urbanistico e tutti i piani attuativi in zone a vincolo paesaggistico.

Abbiamo chiesto all’assessore regionale al territorio Riccardo Conti in che tempi, attraverso quale confronto e come si intersecherà il Pit con gli altri piani previsti dalla regione.

Assessore il Pit ha superato il primo scoglio del Consiglio, adesso partono le osservazioni, come si attende questi sessanta giorni?
«Assolutamente come un ulteriore fase di confronto con chi vuole dialogare per apportare un contributo positivo. Sarà un lavoro collegato della giunta e del consiglio e si articolerà con un confronto con tutti coloro che si vogliono confrontare. Il processo fatto sino ad ora ha coinvolto più di 3000 persone, che fanno capo al mondo industriale, dei sindacati, delle associazioni ambientaliste, dei comitati. Anzi con i comitati è stato anche molto più ampio che con tutti gli altri».

Che però dicono che il confronto è stato poco producente.
«Pensavamo di esser a un punto migliore con le associazioni ambientaliste e con i comitati. Abbiamo accolto le osservazioni che ci sono pervenute dalle associazioni congiunte, ovvero Legambiente, Ambiente e lavoro, Italia Nostra e Wwf. Ma devo dire che c’è stato un atteggiamento conseguente di Legambiente e Ambiente e lavoro e pregiudiziale da parte delle altre associazioni. Io sono molto disponibile ad avere un dialogo con chi vuole dialogare, ma sono sconcertato dal fatto che dopo il confronto si riparta da capo, come nel gioco dell’oca. Il confronto può essere anche molto critico, questo è stato ad esempio il percorso con Fausto Ferruzza che ritengo persona molto valida e preparata, e che ha dato un contributo assai importante per l’apertura della regione verso istanze che inizialmente non era nemmeno pensabile che fossero accolte. Poi non è detto che ci si trovi d’accordo su tutto come per la Laika e per il corridoio tirrenico, su cui rimaniamo su posizioni distinte».

Insomma lei dice è importante che vi sia un contributo ex ante anziché una critica ex post?
«Sì anche perché la regione ha dei compiti di indirizzo. Perché la costituzione attribuisce competenze urbanistiche ai comuni. Sono sorpreso dalle parole di un bravo urbanistica che stimo come Vezio De Lucia, che dice che l’urbanistica spetta alle regioni. Una imprecisione che non mi aspettavo e che serve a sostenere una tesi di una Toscana a macchia d’olio, con zone che assomigliano sempre di più al meridione.
L’urbanistica spetta ai comuni, e alle regioni il titolo quinto assegna il governo del territorio; ciò ha rilievo a cascata sulle competenze regionali che sono quelle di indirizzare l’azione delle province e dei comuni, ai quali io come regione non posso sostituirmi. Che l’Elba sia un pezzo di meridione non è vero anche se ciò non toglie le preoccupazioni mie e di Martini e l’impegno che la regione Toscana ha profuso per la regolazione urbanistica dell’isola. Campi è una vicenda brutta e spiacevole che è stata corretta dal comune. Appunto, dal comune che ne ha la competenza. La forza di un sistema non è fatta solo di controlli ma di pesi e contrappesi. Il sistema toscano invito a valutarlo anche su questi aspetti. Naturalmente ci siamo posti il problema di come, nella fase di attuazione, il Pit possa essere rafforzato nelle sue funzioni di indirizzo e di efficacia. Abbiamo inserito le norme di salvaguardia che scattano dalla pubblicazione sul Burt sulle are protette e su punti di qualità. Quello che noi abbiamo adottato e portato a compimento è un sistema di pianificazione a filiera, innovativo rispetto alla vecchia urbanistica che concepiva i piani come matrioske. Dalla matrioska regionale a quella provinciale sino a quella comunale. Con risultati di inefficacia totale: non conosco nessun piano regolatore né alcun piano sovracomunale che abbia avuto efficacia. Si attuava una pianificazione comunale che nulla aveva a che fare con la dialettica democratica.
Il Pit vuole rispondere al problema della centralità delle assemblee elettive con sistemi di cooperazione a tutti i livelli, che devono dialogare tra di loro e con cui lavorare in ambiti di coerenza. E’ un tema aperto, un sistema innovativo e come tutte le cose innovative potrà essere non compreso ma mi aspetto un maggior contributo da uomini validi del campo dell’urbanistica, che ci aiutino a migliorare questi sistemi innovativi».

Lei ha detto che con questo piano si è tracciata una strada, ma “la questione sta nel creare un sistema capace di autoregolarsi, insieme, nel rispetto dell´autonomia di ciascuno”. Rispetto agli altri piani quali saranno i punti di intersezione?
«Con il sistema a filiera si ragiona tra piani, che vengono approvati dopo un lungo e sostanziale processo di partecipazione. C’è uno snodo che io chiamo autogoverno, prendendo a prestito una riflessione cara ad Alberto Magnaghi.
Un metodo di costruzione di un sistema integrato dove il Pit dà regole territoriali che si devono incontrare con i piani settoriali, a partire dal Prs, il piano energetico e quello ambientale. Quindi lo strumento unitario è il piano territoriale che viene innescato dal Pit e che si conclude con il piano regolatore di un comune. Un buon piano, come diceva una persona a me molto cara che è Romano Viviani, che ha fatto la sua ultima uscita pubblica con una splendida relazione sulla buona urbanistica nel convegno fatto a Capalbio sul Pit, e che definirei una formica intelligente a confronto di tante cicale, è fatto di tre componenti: buoni amministratori, efficiente pubblica amministrazione e progettisti capaci e validi culturalmente, io ne aggiungo una quarta: un grosso livello di partecipazione.
Con questo sistema a filiera, ovvero l’insieme di regioni comuni province, si andrà a definire il piano pubblico. Con cui non controllerò ma indurrò buona pianificazione. Voglio rovesciare lo schema, poi naturalmente andrò anche a controllare. Ci dovranno essere pesi e contrappesi, partecipazione, controlli, un percorso sicuramente complesso, ma che non può essere banalmente semplificato dicendo che poi i comuni fanno quello che vogliono».

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