[03/04/2007] Comunicati

Statistiche: qualità della domanda e dell´offerta d´informazione

LIVORNO. Il direttore del servizio statistiche dell’Ocse, Enrico Giovannini, ha presentato ieri alcuni risultati di una non meglio definita «indagine congiunta Ocse-Isae sulle famiglie italiane e l’informazione statistica». Non meglio definita perché purtroppo fra uffici stampa Ocse a Parigi e uffici stampa Isae a Roma e rispettive segreterie, nessuno è riuscito a venire a capo dello studio. In mancanza dei dati originali ci affidiamo quindi alla divulgazione che ne ha fatto lo stesso Giovannini in occasione della presentazione di Factbook 2007, l’annuale pubblicazione Ocse che attraverso la statistica dovrebbe leggere i cambiamenti delle società globalizzate.

Ebbene secondo Giovannini, e questa indagine Ocse-Isae, c’è da preoccuparsi perché il 42% degli italiani non sente il bisogno di ulteriori informazioni economiche, bollando questa attitudine come «beata ignoranza». Mettiamo da parte il fatto che ribaltando la lettura si potrebbe tranquillamente esultare (dal punto di vista di Giovannini) per il fatto che c’è ben il 58% degli italiani che chiede di avere informazioni più dettagliate su pil, indici di crescita, consumi, export e import. Ma secondo Giovannini invece «i politici devono riflettere su questi dati che sono preoccupanti» e in particolare sul fatto che solo un 30% degli intervistati ha risposto (ovviamente non in modo corretto) a domande del tipo: “qual era il valore del pil 2006?”; “qual era il rapporto deficit/pil 2006?”; “qual era il tasso di inflazione al febbraio 2007?”.

Domande alle quali forse è assai difficile rispondere proprio per la grande messe di informazioni (non di rado contraddittorie tra loro) che circola, visto che capita perfino di leggere nella stessa edizione di un quotidiano i dati attuali, le stime previste, le tendenze registrate e il tutto parametrizzato su 12 mesi, 6 mesi, tre mesi, due mesi, un mese, addirittura settimane.

E tutto questo senza considerare la bassa percentuale di italiani che legge i giornali, rispetto a quelli che ascoltano più o meno distrattamente i telegiornali e gli stessi dati presentati in maniera estremamente più sintetica.

Allora forse il problema non è degli italiani che non vogliono ulteriori informazioni, ma piuttosto della scarsa propensione a informare e della scarsa qualità delle statistiche, che fondano le loro basi esclusivamente su dati economici come il famoso prodotto interno lordo: l’Istat e i vari istituti di statistiche ancora non hanno assunto indicatori di contabilità ambientale e quando devono fotografare qualità della vita e benessere (che evidentemente non possono tradursi solo nel pil) prelevano a occhi chiusi da indagini realizzate da associazioni ambientaliste. Indagini che seppur interessanti sono pur sempre volontaristiche.

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