[02/04/2007] Comunicati

Mucche sudamericane, soia, riso e gas serra

LIVORNO. Quel che sappiamo sul metano è che di solito è prodotto da microrganismi che vivono senza ossigeno, ma alcuni ricercatori hanno scoperto che anche le piante possono produrre questo gas serra, ma gli stessi autori della scoperta, Frank Keppler e Thomas Röckmann, avvertono che l’aumento del metano non dipende dalle foreste, ma dalle attività umane.

In particolare l’aumento delle esportazioni di prodotti zootecnici dai paesi del Mercato comune del Sud America (Mercosur) pone un dilemma ambientale: la metà dei gas serra latinoamericani è prodotta nelle zone rurali.

L’Argentina ha avviato un programma per tagliare del 30% le emissioni di metano durante il processo di digestione del bestiame. Lo studio ha riguardato la riduzione delle emissioni intestinali di metano prodotto dai microorganismi durante la fase di ruminazione.
La soluzione sembra essere quella di integrare il pascolo con additivi per migliorare la digestione degli animali e un’amministrazione più efficiente delle mandrie.
Secondo lo studio, il 48% dei serra emessi in Argentina, Brasile, Paraguay e l´UruguaY provengono dagli allevamenti di bestiame e dall’agricoltura, mentre a livello mondiale ben il 73% delle emissioni è dovuto ai combustibili fossili, con il record degli Usa che raggiungono l’84%.

In Sudamerica però, a compensare mucche e campi coltivati, ci sono ancora vaste foreste e di solito le biomasse legnose non sono usate combustibile, questo mitiga in parte l’inquinamento atmosferico rurale, perché le foreste fungono da dispersori di carbonio.
Il 96% del metano prodotto dal bestiame deriva dai processi di digestione e fuoriesce dalla bocca degli animali, una mucca produce mediamente fino a 500 litri di metano al l giorno e l’Argentina nel 2002 aveva 48 milioni di capi di bestiami, un contributo notevole alle emissioni ed al riscaldamento globale.

Per questo nel paese sudamericano si sta utilizzando un dispositivo già in uso in Nuova Zelanda per raccogliere i campioni d´aria vicino al muso delle vacche per capire attraverso quali “diete” si possono ridurre le emissioni di metano, adattandole alle diverse condizioni di pascolo e di regimi alimentari esistenti nelle varie aree del Paese.

I ricercatori sono convinti che con soluzioni semplici si potranno ridurre le emissioni fino al 30% e che questo sia negli interessi degli allevatori, visto che gli animali perderebbero meno energia ed il loro rendimento sarebbe più alto.

I campi di riso e soia interessano vaste aree del Mercosur da dove si emettono grandi quantità di protossido d´azoto, un altro gas che contribuisce al riscaldamento globale.
Secondo l´Inter-american institute for cooperation on agriculture, negli ultimi quattro anni i risultati agricoli del Sud America sono stati straordinari, grazie a circostanze naturali favorevoli, ad investimenti tecnologici ed al continuo aumento della richiesta asiatica.

Il Brasile, che nel 2006 ha confermato la sua posizione di massimo esportatore mondiale, è diventato anche uno dei leader per l’esportazione di carne di maiale e pollame. L’Argentina è terza e l´Uruguay rafforza le sue esportazioni. Il Brasile è anche, dopo gli Usa, il secondo produttore mondiale di soia, l´Argentina è il terzo, seguita da . Cina, India e Paraguay. Il Mercosur è il più grande produttore regionale di soia, usata per alimentare il bestiame ed estrarre olio. Il piccolo Uruguay è il sesto produttore del mondo di riso.

Ma questa produzione alimentare ha una controindicazione: il contributo di queste attività al riscaldamento globale. Il metano ed il protossido d´azoto, misurati rispetto alle emissioni di anidride carbonica, prodotti dal settore rurale rappresentano il 52% di tutti e tre i gas serra in Argentina, il 49% in Brasile, il 51.5% in Paraguay e l’81% in Uruguay dove il dato record sembrerebbe dovuto anche all´espansione della silvicoltura.

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