[30/03/2007] Comunicati

La Cia: «Il clima cambia la geografia dell’agricoltura»

LECCE. Dalla Conferenza economica nazionale della Confederazione agricoltori italiani (Cia) a Lecce arriva un forte allarme sui cambiamenti climatici: «Olivi, pomodori, grano duro, agrumi che crescono e si coltivano al di là delle Alpi – dice la Cia - Zone sempre più ampie di territori semi-aridi e la desertificazione che avanza nei paesi del Mediterraneo, dove le produzioni rischiano di ridursi del 15-20%. Questo lo scenario che può verificarsi a causa della maggiore concentrazione di Co2 e dell’aumento della siccità nei prossimi 30-40 anni».

La conferenza, che discute i problemi legati all´area mediterranea, sia sotto il profilo economico che sociale, si è trovata a confrontarsi con l’effetto del cambiamento climatico che, è stato detto «sarà dirompente e può cambiare la geografia stessa dell’agricoltura. L’innalzamento della temperatura produrrà un aumento delle rese produttive agricole nei paesi del Centro-Nord dell’Europa, dove si cominceranno a coltivare piante tipicamente mediterranee. Mentre nel Sud (Italia, Spagna e Grecia in testa) e in tutte le aree che si affacciano nel Bacino del Mediterraneo ci sarà un vero e proprio stravolgimento. Le conseguenze sulle colture saranno drammatiche. Intere superfici oggi coltivabili si ridurranno a deserti. I territori umidi potranno scendere del 30-35 per cento».

I riflessi economici e sociali potrebbero essere pesantissimi: le proiezioni per l’andamento delle precipitazioni mostrano un + 1 – 2% per decennio nell’Europa settentrionale ed una riduzione dell’1% in quella meridionale, con cali estivi fino al 5% per decennio, questo produrrà una maggiore frequenza di eventi siccitosi con un impatto considerevole sull’agricoltura e le risorse idriche.

Secondo la Cia «quindi, tra il 2050 il 2100, come rileva anche uno studio dell’Unione europea, molte colture, tipiche delle zone temperate, “emigreranno” inevitabilmente al Nord. E sempre al Nord la produzione agricola sarà sempre più “pingue”. Le stime parlano, ad esempio, di incrementi di resa tra il 9 e il 35% per il frumento entro il 2050. Nell’Europa continentale gli aumenti dovrebbero essere attorno all’1-3 tonnellate per ettaro, mentre le regioni scandinave dovrebbero beneficiare in misura maggiore di un clima più mite con rese che registrano una crescita di 3-4 tonnellate per ettaro».

E l’Italia come è messa in questo rivolgimento climatico ed economico? «Circa il 35% del territorio - è stato spiegato a Lecce - è “vulnerabile” alla desertificazione, con punte molto elevate in Sicilia, Sardegna e Puglia. Il fenomeno della siccità sarà, dunque, sempre più frequente e evidente nell’area del Mediterraneo. Se soprattutto la risorsa acqua non verrà gestita con più responsabilità, la conseguenza sarà gravissima. D’altra parte, un primo drammatico segnale si è avuto nel 2003 quando l’impatto economico della siccità che ha colpito l’Europa, in particolare i paesi del Sud, è stato stimato attorno a 11 miliardi di euro».

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