[23/03/2007] Urbanistica

De Lucia: Troppa enfasi sulla convenzione europea del paesaggio

LIVORNO. Il delicato rapporto che c’è far democrazia partecipativa e sostenibilità è ben evidente quando si parla di tutela del paesaggio: non è assolutamente detto che una decisione presa in modo partecipato sia la più sostenibile. Un tema che si incrocia fortemente all’attualità toscana: questo week end è in programma il nuovo incontro tra i comitati indetto dallo scrittore Alberto Asor Rosa che dopo aver fatto scoppiare il caso Monticchiello l’estate scorsa, oggi propone di creare una rete di comitati a difesa del territorio. E proprio oggi poi, le associazioni ambientaliste hanno presentato i risultati ottenuti mostrando le osservazioni al Pit, che in effetti sembra aver recepito diverse sollecitazioni (ne diamo conto nell’articolo sopra).
Noi contribuiamo al dibattito ospitando la riflessione dell’architetto e urbanista Vezio De Lucia (Nella foto).

«Prima di tutto permettetemi di ricordare Gigi Scano, che è scomparso domenica scorsa è che è stato uno dei protagonisti del dibattito in corso, un grande e apprezzato urbanista veneziano che vorrei fosse ricordato anche su greenreport.
Per quanto riguarda l’argomento in questione, io penso che in effetti ci sia un’ambiguità da risolvere. E per farlo partirei da due testi molto autorevoli che dimostrano perché c’è questa contraddizione. L’articolo 9 della Costituzione italiana dice che la Repubblica ha il dovere di tutelare il paesaggio. La Repubblica significa tutta la sua articolazione, dallo stato fino al comune. La convenzione europea sul paesaggio dice invece una cosa ben diversa e ne affida la tutela alla percezione da parte delle popolazioni interessate».

Dove sta secondo lei l’errore?
«Io ho la mia opinione: dico che si fa molta e troppa enfasi su questa convenzione europea, che almeno nel punto di cui si parla è oggettivamente sbagliata e a senso unico. Ma non solo, perché successivamente la stessa convenzione dice anche che la tutela del paesaggio è utile per lo sviluppo economico. Questa è un’altra forzatura: il paesaggio deve essere tutelato a prescindere».

Mi pare di capire che secondo lei il mezzo (la partecipazione) non sempre giustifichi il fine (la sostenibilità).
«Diciamo questo: non è che se è la Repubblica a decidere non è una forma democratica e partecipata. Tutt’altro, altrimenti significa travisare la realtà un po’ come quando semplicisticamente si bolla il principio della sussidiarietà come se il piccolo avesse sempre ragione. La sussidiarietà dice un’altra cosa, e cioè che ogni cosa va vista al livello più giusto».

Dove sta andando oggi la Toscana?
«La tendenza che c’è oggi è quella di privilegiare la convenzione europea e secondo me è un grosso sbaglio. Io vorrei fare una dichiarazione oggettiva: la Toscana il paesaggio l’ha tutelato fino ad oggi molto meglio di altre regioni. Spesso ci si colloca su posizioni di critica pregiudiziale alla Toscana, ma è una legge inesorabile che chi è stato più bravo sia esposto a maggiori critiche, anche perché la massima vigilanza è la garanzia che non si vada a perdere il livello guadagnato».

Come giudica il Pit elaborato dalla Toscana?
«Devo essere sincero, la risposta non è per niente facile perché il piano è molto legato all’attuazione e propone un meccanismo a cascata regione - province – comuni. E’ un meccanismo integrato per il quale è assai difficile prevedere e avere sicurezza sui risultati. E quindi è altrettanto difficile darne un giudizio adesso».

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