[22/03/2007] Comunicati

Renato Cecchi: «Dall´ambiente nessuna preclusione ai sistemi finanziari»

LIVORNO. Il sistema dei meccanismi flessibili previsto nell’ambito del trattato di Kyoto, e che è stato definito negli accordi di Marrakesh del 2001, permette agli stati a industrializzazione avanzata di integrare gli obiettivi di riduzione di anidride carbonica previsti dai regolamenti nazionali, anche attraverso uno scambio di emissioni, che si realizza con il meccanismo dei crediti di CO2.

Attualmente il meccanismo sul quale si concentra la maggior parte degli investimenti per generare crediti è il Cdm che permette di accumulare certificati di credito che potranno poi essere venduti, in una vera e propria borsa.

Quindi mercato, impresa e finanza partendo dall’esigenza di ridurre le emissioni di gas responsabili del surriscaldamento del pianeta, introiettano il concetto della sostenibilità attraverso la valorizzazione economica dei beni pubblici indisponibili quali l´aria.

Infatti anche se l’anidride carbonica non può essere considerata un bene (nell’accezione della sua attuale abnorme presenza in atmosfera), è però vero che dietro alla commercializzazione dei crediti, si presuppone la quantificazione e la valorizzazione di quello che possiamo definire parte del capitale naturale, che la accresciuta concentrazione di gas serra mette a rischio per l’azione che ha sui cambiamenti climatici.

Un passaggio epocale. Ma come è accolta questa svolta nel mondo ambientalista? Come un necessario e inevitabile passaggio per "piegare" il mercato ad azioni di mitigazioni altrimenti impossibili da imporre in altro modo? o come un ulteriore mercificazione di beni comuni?
La domanda oggi la rivolgiamo a Renato Cecchi, di Ambiente e Lavoro.

«Si potrebbe scrivere un trattato di economia su questo. Proviamo a rispondere in breve. Ci sono vari aspetti da prendere in considerazione. Un meccanismo di questa natura può funzionare a condizione che sia accompagnato da una serie di altre misure contemporanee. Intanto l’introduzione di forti elementi di innovazione nel sistema produttivo che significhino la riduzione di consumi di materia e di energia. Quindi il mercato non se la cava dal dover prevedere forti investimenti. Altrimenti la possibilità dei meccanismi flessibili può essere percepita come il fatto che si può spostare virtualmente crediti di C02 in giro per il mondo. E non può certo funzionare. Quindi serve una politica e grandissimi investimenti sia di carattere pubblico che privato. L’impegno inoltre deve essere contemporaneo sui due livelli. La seconda questione è che è necessario che vi sia un contemporaneo processo di transizione verso un sistema energetico - economico non fondato esclusivamente sul petrolio».

Che intende dire con questo?
«Intendo dire che su questa questione si deve essere molto chiari: apparentemente a livello mondiale l’uso del petrolio sembra costituire attorno al 50 % del sistema di produzione energetica. Ma il dato è apparente, perché ancora una parte consistente delle strutture per creare energie rinnovabili sono prodotte a partire dalle fonti fossili. Quindi c’è bisogno di investire molto per invertire questo dato. Un sistema che si autoalimenta è quello che consente con l’energia rinnovabile generata di produrre i nuovi elementi che servono a loro volta alla produzione energetica rinnovabile».

Quindi secondo lei è utile che si possa utilizzare il mercato per fini ambientali?
«Sì, a patto che vi sia contemporaneità delle azioni che ricordavo. Lo scambio di crediti di C02 contribuisce a creare una ricchezza che può essere investita in altra parte e va bene. Ma siccome si lavora in un versante che è quello ambientale, è importante che vi sia la contemporaneità, per rendere efficace il sistema . Non funziona un prima e un dopo. Il tempo non c’è più, perchè cento anni, che è il tempo in cui si prevede un aumento di 3-4 gradi della temperatura, non è niente. Nessuna preclusione quindi ai sistemi finanziari, anzi si potessero utilizzare sempre di più...! Ma sono però poco ottimista sul fatto che la politica e i sistemi finanziari a livello internazionale seguano anche i percorsi di contemporaneità sugli altri aspetti, che a mio avviso sarebbero necessari».

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