[13/03/2007] Urbanistica

Alluvione di Carrara, 41 indagati per disastro ambientale

CARRARA. Cooperazione colposa in disastro ambientale, realizzata mediante: coltivazione sbilanciata dei ravaneti; occupazioni dell’alveo del torrente da parte di privati; omissione di vigilanza, controllo e regolamentazione delle predette attività
Sono essenzialmente due i reati (articoli 113 e 449 del codice penale) che sono stati ipotizzati nei confronti dei 41 indagati nell’ambito dell’inchiesta che i sostituti procuratori di Massa, Leonardo Tamborini e Paolo puzone, hanno condotto in seguito all’alluvione che il 23 settembre 2003 devastò la città di Carrara e causò la morte di Ida Niccolai.

Tra gli indagati diversi amministratori pubblici: il sindaco di Carrara Giulio Conti e il suo predecessore Lucio Segnanini, i dirigenti del comune Sergio Altieri, Claudio Bacicalupi e Mario Marisaldi, Giovanni Menna della Provincia, Gianfranco Genovesi dirigente del parco delle Alpi Apuane.

L’indagine, che si basa essenzialmente sulla consulenza tecnica svolta su incarico della Procura da due ingegneri idraulici di Genova e sulle indagini delegate alla Guardia di Finanza (Comando Compagnia di Massa-Carrara e Tenenza di Aulla), ha consentito di individuare che le principali cause dell’alluvione sono state:
l’alterazione/cancellazione/occupazione dell’alveo del torrente Carrione per effetto di opere edilizie (piazzali, costruzioni varie ecc.) e urbanistiche (strade, ponti ecc.); oltivazione “sbilanciata” ravaneti (causa di frane che hanno improvvisamente occupato l’alveo del torrente).

Ma non solo, per gli investigatori sono stati riscontrati numerosi usi impropri (e abusivi) dell’alveo (utilizzato come zona di deposito per i blocchi di marmo e scarti delle lavorazioni di cava, per realizzarvi dei piazzali ad uso parcheggio degli autoveicoli, per erigervi costruzioni di varia natura come cabine Enel, tralicci, stazioni di pompaggio acque).

Determinante sarebbe stato l’apporto di materiali di scarto proveniente dalle cave marmifere, dovuto maggiormente alla coltivazione “sbilanciata” dei ravaneti, cioè al prelievo istematico dei detriti con abbandono delle parti fini.

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