[13/03/2007] Comunicati

Politica e/o marketing: chi è il più verde del reame?

LIVORNO. I Verdi della Gran Bretagna vivono da sempre una vita stentata, schiacciati da un sistema elettorale maggioritario che li fa emergere solo in occasione di elezioni proporzionali che l’elettorato inglese ritiene poco importanti come quelle europee o locali, altrimenti l’elettorato si rivolge al rosso dei Laburisti, al blu dei Conservatori ed al giallo dei Liberaldemocratici.
Eppure alle prossime elezioni il verde potrebbe essere il colore che condizionerà il risultato dei grandi partiti tradizionali che si stanno dando battaglia proprio sull’ambiente.
La sfida tra Laburisti e Conservatori è tra chi è il più verde del reame.

David Cameron, il giovane leader dei Conservatori ha addirittura cambiato il simbolo del suo partito da una torcia ad un albero, e propone di combattere l’inquinamento da traffico con tasse sulle auto e progetti per la difesa dell’ambiente come il riciclo dei materiali da costruzione e pratiche agricole più sostenibili.
I Laburisti non sono teneri con la svolta verde di Cameron che hanno ribattezzato “il camaleonte” e il ministro del tesoro Gordon Brown, che nel Labour dovrebbe succedere al primo ministro Tony Blair, reclama il ruolo di punta del governo britannico che dice di aver condotto l’Europa ad affrontare il cambiamento climatico e chiede un´alleanza globale per rispondere al problema, invitando Onu e Banca Mondiale a passare «alla fase concreta» per quanto riguarda le misure da prendere per la salvaguardia dell´ambiente. E non è da poco ricordare che il governo laburista ha inserito i cambiamenti climatici tra le materie curriculari nelle scuole, a partire dal prossimo anno.

La sfida verde è così centrale che l´ex vice presidente Usa Al Gore, che con il film "An Inconvenient Truth" ha vinto l’Oscar, ha detto che la Gran-Bretagna è «un Paese con una concorrenza politica molto sana che è interessata alla crisi climatica. Sarebbe bene se anche nel mio paese ci fosse lo stesso genere di confronto». Gore, che è anche consigliere del governo Blair sul cambiamento di clima, incontrerà l’equipe di Cameron giovedì. Il candidato conservatore sta tentando di far salire la credibilità ambientalista e le credenziali verdi del suo partito, ma alcuni dei maggiori esponenti conservatori, capitanati da Nigel Lawson, l’ex ministro del tesoro del governo Margaret Thatcher, non sono d’accordo sulla linea di Cameron, mettono in dubbio le previsioni sui cambiamenti climatici e considerano esagerate le conseguenze sull’economia indficate dal rapporto Stern che prevede un calo compreso tra il 5 e il 20% per cento del prodotto interno lordo mondiale se non verrà affrontato urgentemente il global warming. Addirittura per John Redwood, candidatosi due volte a dirigere i conservatori e sempre sconfitto, la Gran Bretagna potrebbe trarne benefici per il turismo, l’agricoltura e gli sport all’aria aperta.

Da questa disfida verde potrebbe uscire con le ossa rotte il terzo partito del Paese, i liberaldemocratici, che finora sembravano avere una specie di monopolio dei temi ambientali, mentre i conservatori si occupavano di business e i laburisti di giustizia sociale e mondo del lavoro. Un equilibrio già messo in crisi dalla virata al centro del New Labour di Tony Blair e che è ora è addirittura terremotata dalla svolta del quarantenne Cameron che nel 2005, ha spinto il suo partito per abbracciare l´ambiente come principale tema per dare alla sua invecchiata compagine conservatrice una immagine più morbida, accattivante e moderna.

Non si tratta certamente, né per l’uno né per l’altro dei due grandi partiti politici di una folgorazione sulla via di Damasco dell’ambientalismo, ma molto più semplicemente della percezione forte di un cambiamento di umore nell’opinione pubblica britannica riguardo ai temi ambientali e di una diffusa preoccupazione sulle conseguenze del riscaldamento globale.

Segnali come quelli che arrivano dal mondo imprenditoriale, dal mercato e ora anche dalla politica marketing, che ha proprio in Inghilterra e Stati uniti i suoi punti più alti.

Un cambiamento che comincia ad avvertirsi anche in Italia, almeno a leggere alcuni sondaggi, ma che le grandi forze politiche stentano ad intercettare o ignorano. L’ambiente rimane un paragrafo obbligatorio degli enciclopedici programmi del centro-sinistra, è sfiorato appena dal centro-destra, ma una sfida tra Berlusconi e Prodi sui temi che appassionano Brown e Cameron, almeno oggi, sarebbe impensabile.

Eppure qualcosa si muove almeno dal basso, come dimostra anche l’esperienza quotidiana di Greenreport e di Ecoradio che rispondono ad un sempre più crescente bisogno di informazioni sulle tematiche ambientali, e in un paese di videodipendenti la nascita di www.ambiente.tv una televisione che si occupa di ambiente su internet è il segnale di un interesse crescente che richiede sempre più canali di conoscenza e di espressione. Forse tra qualche anno anche in Italia a potremo vedere e sentire i politici confrontarsi con competenza e passione sui problemi concreti dell’ambiente e sul futuro del Pianeta, invece che su uno starnuto di Andreotti o sulle liti coniugali di Berlusconi.

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