[09/03/2007] Parchi

Elefanti e mostri di Gila, compromessi tra protezione e commercio

LIVORNO. Il dibattito sul futuro dell’elefante africano ha a che fare con la riduzione degli habitat, con le politiche di conservazione e soprattutto con l’avorio. Le proposte pervenute alla Convention on international trade in endangered species (Cites) per la protezione da accordare agli elefanti riflettono le diverse idee che esistono in Africa sul concetto di conservazione ed uso sostenibile delle risorse animali.

Cites ha vietato il commercio internazionale dell´avorio nel 1989, nel 1997, riconoscendo che alcune popolazioni di elefante africano erano sane e ben controllate ha autorizzato Botswana, Namibia e Zimbabwe ad una vendita una-tantum di 50 tonnellate d´avorio al Giappone per 5 milioni di dollari. Nel 2002, Cites aveva acconsentito in linea di principio a permettere una seconda vendita a Botswana (20 tonnellate), Namibia (10 t.) e Sudafrica (30 t.), ma nel 2004 la richiesta di nuovi contingenti annuali non è stato accolta. Le vendite di avorio sono condizionate alla capacita di attuazione del programma di verifica e controllo dell´uccisione illegale degli elefanti (Mike) e di fornire dati aggiornati e completi sulle popolazioni locali di elefanti e su una valutazione obiettiva sulle conseguenze delle possibili vendite di avorio.

Nel 2006 il comitato permanente Cites, che sorveglia l´accoglimento delle decisioni prese dal congresso delle parti (Cop), ha deciso che i dati di Mike non sono ancora sufficientemente completi e quindi le vendite di avorio non possono andare avanti, una decisione che sarà riesaminata al Cop Cites di giugno dell’Aja.

Botswana e Namibia hanno presentato una nuova proposta per inserire i Ioro elefanti e quelli di Sudafrica e Zimbabwe nell´allegato II, per facilitare vendite di avorio più consententi. Il Botswana chiede anche l´autorizzazione per vendere 40 tonnellate di avorio, e per un contingente annuale per l´esportazione fino a 8 tonnellate. La Tanzania chiede che i suoi elefanti passino dall´allegato I di massima protezione all’allegato II, senza chiedere una quota immediata, ma con la possibilità di future vendite di avorio “sostenibile” che sarebbero «uno strumento importante di conservazione».

Kenia e Mali sono contrari e vogliono un divieto di commercio di almeno altri 20 anni per l’avorio, perché qualunque autorizzazione metterebbe in pericolo la sopravvivenza degli elefanti. Un rompicapo che preoccupa il Cites che per affrontare i problemi tecnici sollevati dai vari Stati ha convocato una riunione delle parti africane prima del congresso di giugno.

Ma non ci sono solo gli elefanti, migliaia di specie del Mondo sono a rischio per le attività umane che distruggono, sfruttano ed inquinano gli habitat. Il commercio internazionale di fauna e flora selvatica muove ogni anno miliardi di dollari e coinvolge più di 350 milioni di animali e piante e se non controllato può spingere le specie minacciata sul limite dell’estinzione.

Per esempio il loris lento, un piccolo primate notturno dell’Asia sud-orientale é fortemente minacciato dalla domanda crescente di medicine tradizionali e di animali da compagnia e dalla distruzione dell´habitat, ma la Cambogia contrasta il suo passaggio dall’allegato II all’allegato I che prevede il divieto di commercio ed amplificherebbe le misure nazionali di conservazione. Al contrario l´Algeria propone di trasferire nell´allegato parecchie specie del gazzelle e il Guatemala il mostro di Gila.

Invece, l’Uganda vorrebbero spostare la sua popolazione di rari leopardi nell’allegato II per permettere un limitato commercio di trofei di caccia, cosa che fa anche il Brasile che vuole diminuire la protezione assoluta del caimano nero. Altre proposte riguardano addirittura la rimozione dalle misure Cites di animali come il bobcat, la lince nordamericana.

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