[08/03/2007] Urbanistica

Siena l’olivicoltura toscana diventa superintensiva?

SIENA. Gli olivi senesi come quelli spagnoli o tunisini? Un seminario organizzato dal Consorzio agrario di Siena ha affrontato il tema dell’agricoltura superintesiva e delle nuove tecniche olivicole a partire dall’esperienza della Società Agromillora Catalana, azienda vivaistica specializzata nella produzione di varietà di olivo adatte a condizioni superintensive. Il direttore del Consorzio agrario, Pietro Pagliuca, ha cercato subito di fugare le preoccupazioni: «lungi dal voler cambiare l’olivicoltura tradizionale toscana il nostro obiettivo è invece quello di anticipare e supportare le scelte degli agricoltori anche in questo settore, individuando le soluzioni ottimali per fare reddito ed essere competitivi sul mercato, salvaguardando però le caratteristiche ambientali e la qualità dell’olio toscano, unica nel mondo».

Le nuove pratiche di olivicoltura puntano sull’efficienza produttiva, risparmio di manodopera, meccanizzazione completa di raccolta con macchine vendemmiatrici, della potatura e di tutte le pratiche colturali, ma mantenendo la qualità del prodotto.
«L’olivicoltura superintensiva – ha spiegato Jordi Mateu della Agromillora Catalana – prevede l’impianto di 1500/2000 piante per ettaro, con una resa di 90/100 quintali di olive a ettaro all’anno, a fronte dei circa 40 quintali dell’olivicoltura tradizionale, con bassi costi di produzione e un prodotto di ottima qualità. Certo l’agricoltore che intenda convertirsi a questo tipo di coltura dovrà fare i conti con un investimento iniziale superiore di 3-4 volte rispetto a quello richiesto dal metodo tradizionale, ma le cultivar adatte all’olivicoltura superintensiva sono già produttive al terzo anno e il quinto sono in piena produzione. La meccanizzazione, poi, abbatte notevolmente i costi di raccolta, che è rapida e consente di giungere al frantoio in tempi molto ristretti, a tutto vantaggio della qualità dell’olio».

Quindi un cambiamento notevole ci sarebbe comunque per una densità degli alberi da frutto che richiede cultivar che si adattano a queste nuove tecniche di impianto: «La arbequina – spiega il Consorzio agrario senese - la più adatta al microclima toscano, la arbosana, perfetta per il sud, e la koroneiki, di origine greca ma non adatta alle nostre latitudini perché poco resistente al freddo».

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