[07/03/2007] Energia

Emissioni e rinnovabili: un passaggio difficile anche per la Ue

LIVORNO. Domani avrà inizio a Bruxelles il Consiglio Europeo di primavera dei capi di Stato e di governo, presieduto dal presidente di turno Angela Merkel e nella due giorni si discuterà sulla proposta votata all’unanimità dal Consiglio Ambiente del 20 febbraio scorso, della riduzione del 30% delle emissioni di gas serra entro il 2020 e rispetto al 1990, come obiettivo globale nel quadro del negoziato internazionale sul clima per il periodo post-Kyoto (dopo il 2012). A partire dall’impegno unilaterale e vincolante, all´interno dell´Unione, sempre per il 2020 di conseguire una riduzione del 20%, delle emissioni climalteranti, attraverso una politica volta all´aumento al 20%, sempre entro il 2020, della percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili nell´Ue.

Ma partire da qust’ultimo aspetto, potrtebbe essere rimessa in discussione l’intera strategia. La questione dell´obbligatorietà dell´obiettivo sulle energie rinnovabili è infatti uno dei punti più controversi fra i 27 paesi. In particolare la Francia, che vorrebbe che nel mix di energie rinnovabile fosse ricompreso anche il nucleare, per le sue caratteristiche di essere a bassa emissione di carbonio. Dello stesso avviso anche Belgio e Lussemburgo e la maggioranza dei Paesi dell’est, spinti dal timore che gli impegni dell’europa possano essere troppo spinti per le loro economie. E la “minaccia” che viene dai paesi dissenzienti è che se non si può inserire il nucleare è allora meglio lasciar perdere gli obiettivi vincolanti e lasciare che sulle rinnovabili ognuno possa orientarsi come meglio crede, con obiettivi che a quel punto sarebbero volontari.

Non è però di questo avviso la presidente Merkel che potrebbe, per la riapertura della discussione sul nucleare, avere problemi all’interno sua coalizione interna, né Austria, Irlanda e Italia, che non sono favorevoli all’atomo. Ma neppure il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha sottolineato con determinazione la necessità del carattere vincolante dell´obiettivo, anche se, ha aggiunto «un target indicativo sarebbe comunque meglio che niente».

«Nei miei incontri prima del vertice- ha ribadito Barroso- e in particolare con la “business community” mi è sempre stato dato un messaggio chiaro: che è meglio avere un obiettivo obbligatorio per la sicurezza degli investimenti. Mi hanno persino detto che l´importante non è la cifra, che sia 20 o 22% o altro, ma il suo carattere vincolante, perché c´è bisogno di una cornice certa per gli investimenti. Ed è per questo - ha concluso Barroso - che io davvero insisto affinché l´obiettivo sulle rinnovabili sia obbligatorio».

Anche perché se così non fosse il ruolo di primo piano dell’Europa nei negoziati per il Kyoto 2 sarebbe molto più debole. E il tentativo di far sedere a quel tavolo le dissidenti America e Australia e le emergenti Cina, India e Brasile, potrebbe diventare sempre più lontano.

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