[06/03/2007] Comunicati

Questa pazza e ´insostenibile´ economia...

LIVORNO. Ma che succede all’economia? Mentre in Italia e in Europa si cominciano a intravedere segnali di ripresa, mentre le economie dei paesi emergenti di quello che fino a pochi anni fa era definito il “far east” e che adesso è sempre più “close east” galoppano, l’economia finanziaria crolla. Partita da un battito di ali del Giappone (si fa per dire) l’onda anomala del sistema finanziario ha conosciuto uno dei minimi storici pochi giorni fa e stenta a riprendersi. Ieri un rialzo dello yen, ha determinato infatti un´altra giornata critica sulle borse asiatiche, da lì in Europa passando da Wall Street.

Voci di esperti riportano la “sensazione” che la preoccupazione primaria, siano le economie dei paesi emergenti che, molto sensibili alla domanda americana, risentono di più di una crisi latente a stelle e strisce. Segnalata anche dall’ex presidente della Federal reserve, che ha parlato di possibile recessione economica negli Usa a fine anno.

Ma cosa c’è dietro l’andamento delle borse? Chi sono i signori che attraverso speculazioni e hudge funds riescono a far traballare le borse a livello planetario e a permettere che in un solo giorno (martedì scorso per l’appunto) si possano “bruciare” miliardi di dollari ? Chi ha il controllo su questo sistema finanziario, su cui anche i massimi economisti mondiali difficilmente riescono a fare previsioni? E qual è il filo che lega il trend positivo delle economie e l’affondo degli indici di borsa? E tra la ripresa economica e l’economia sommersa, che il terzo rapporto dell’Ires Cgil indica aver raggiunto il 17,7% del pil nazionale, con un valore nascosto che nel 2004 si aggira attorno ai circa 246 miliardi di euro?

Quale strategia economica può sovrintendere una economia che poggia su settori, seppur consistenti, di difficile controllo? La parte sommersa non può essere controllata per definizione, così come quella legata all’azione di speculatori occulti. Di cui ne sono un esempio gli hudge funds che stanno dietro alla corsa dei prezzi dell’uranio. Secondo la Ux consulting, la società che ne monitora i prezzi, gli speculatori si sarebbero accaparrati circa un quarto del metallo venduto negli ultimi due anni, in vista di un rialzo dei prezzi per un possibile ricorso al nucleare come fonte alternativa al petrolio. Ma a fronte dell’aumento della domanda di uranio, l’offerta non è stata al passo, dato che le scorte militari accumulate in tempi di guerra fredda sono esaurite e la principale miniera canadese è ferma e lo sarà fino almeno al 2008. Previsioni azzeccate quindi da parte degli speculatori che hanno visto raddoppiato nel giro di un anno e decuplicato nell’arco di cinque anni, il prezzo del metallo e che si pronostica potrà crescere ancora.

Tutti aspetti di uno stesso puzzle, che difficilmente potrà ricomporsi in un disegno compiuto, senza che vi sia un sistema direttore che stabilisca delle linee guida. Senza un “governo” che riesca ad orientarne le scelte. E la direzione non potrà che essere verso la sostenibilità.

Governo, politica, regole verso la sostenibilità, che pure una parte consistente del mercato invoca come urgente per far sì che possa ancora prospettarsi un futuro per il mercato stesso. Un mercato che ha pur bisogno di un substrato sociale, ambientale ed economico per poter operare. E che rischia, invece, di perderlo definitivamente.

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