[02/03/2007] Energia

Serafini: «E´ l´utilità sociale delle rinnovabili a dover essere incentivata»

LIVORNO. Sul tema di come applicare gli schemi classici di liberalizzazione verso pubblicizzazione abbiamo chiesto un contributo a Massimo Serafini, ambientalista storico e membro della segreteria nazionale di legambiente.

Si parla molto della necessità di ripubblicizzare i servizi pubblici, ma in certi casi, quali la produzione di energia, non è meglio liberalizzare?
«A me piace di più il termine di socializzazione, anziché ripubblicizzazione. Certo per l’energia bisogna prevedere un percorso di socializzazione per chi produce e un libero accesso alla rete di distribuzione. Cioè il diritto del cittadino di immettere in rete la sua autoproduzione eccedente ai propri fabbisogni.
La rete deve riconoscere che questo servizio ha una pubblica utilità, perché l’energia prodotta con energia rinnovabile ha una utilità pubblica in quanto contribuisce a contrastare il riscaldamento del pianeta. Oggi queste regole sono rovesciate e l’incentivo alle rinnovabili non è riconosciuto per la sua utilità sociale».

Quindi in questo caso liberalizzare significa andare verso un approccio di microgenerazione, che ha aspetti più sostenibili rispetto alla generazione centralizzata?
«Sì, va bene una estrema liberalizzazione della produzione, per permettere di avviare un sistema basato sui distretti energetici, e comunque sulla generazione di energia sempre più localizzata e basata sull’uso delle rinnovabili. Il modello è quello tedesco. Ma servono anche regole basate sul modello tedesco. Questo significa regole ben precise per come va gestita la rete il cui accesso è adesso governato dai grandi monopoli e che deve invece essere libero. E anche sulle vendite è necessario mettere delle regole. La liberalizzazione delle vendite dell’energia ad esempio non fa un buon servizio al risparmio: e ha prodotto un mercato di energia verde assai ristretto, che è costretta a prezzi più alti e un supermarket dell’energia sporca, dove sei incentivato a consumare energia che tanto è offerta a basso costo».

Quindi un governo attraverso regole espresse dal pubblico e poi libertà nel servizio?
«Io credo che settori come l’acqua e l’energia dovrebbero essere comunque affidati a settori no profit, in cui c’è un rapporto tra il tuo intervento e il tuo profitto. Non si possono lasciare servizi come questi in mano a chi ha in mente solo il profitto».

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