[02/03/2007] Acqua

L´acqua è poca anzi scarseggia e la politica non galleggia

FIRENZE. Quando una risorsa fondamentale per la vita come l’acqua, scarseggia in modo saltuario, si cerca di mettere una toppa (così è stato fatto in passato) aspettando che passi la crisi. Quando la carenza idrica diventa la norma anche alle nostre latitudini, sono tutti i settori di utilizzo ad entrare in sofferenza e gli ecosistemi acquatici a vedere ridotta la loro qualità e biodiversità.

Del resto è questa la situazione che si prospetta (in realtà ci siamo già in mezzo), come sembrano segnalarci anche attraverso indicatori locali i cambiamenti climatici in atto. La gravità della situazione non lascia spazio a singole azione estemporanee e a nostro avviso le risposte da dare sono sostanzialmente due, interconnesse tra loro: una è strettamente politica e riguarda la pianificazione; l’altra attiene agli aspetti culturali e alla “conoscenza”.

Per quanto riguarda il primo aspetto, è necessario un riordino normativo complessivo per il governo della risorsa idrica (sottolineiamo di tutta la risorsa idrica), con linee di indirizzo chiare da tradurre poi in azioni concrete sul territorio a scala di bacino. Non è cosa banale dato che in modo sinergico ed integrato si devono coinvolgere tutti i settori di utilizzo della risorsa, attraverso una pianificazione dinamica che contempli indirizzi in termini infrastrutturali, indirizzi per cambiare il modo di produrre, di costruire, di coltivare utilizzando meno acqua. Non si possono inoltre raggiungere gli obiettivi senza una politica che preveda meccanismi di incentivi/disincentivi, che incrementi l’efficienza, che faciliti il riuso e riciclo (non che lo ostacoli).

Non si parte dall’anno zero, ma ancora si devono colmare quelle lacune nella conoscenza dei fabbisogni idrici e delle disponibilità di acqua per i vari settori, che sono la pre-condizione per una corretta pianificazione. Ciò porterà per forza di cose a dover rivedere alcune concessioni date in passato. Dello stesso ragionamento fa parte il problema delle risorse economiche (poche purtroppo), da impiegare anche per i controlli dato che non possono essere consentiti abusivismi, da utilizzare per nuove infrastrutture e per la manutenzione, investimenti per migliorare la qualità dell’acqua che arriva al rubinetto e la qualità degli ecosistemi.

Ma allora quanto deve costare l’acqua? Differenze ci sono e ci devono essere settore per settore. Prendendo ad esempio l’utilizzo idropotabile, si dovrebbe pagare in base alla qualità del servizio fornito senza che gravino in tariffa tutti i costi degli investimenti per le infrastrutture (ci sembra che su quest’ultimo punto, oggi, sia ampia la convergenza) che sarebbero insostenibili. La tariffa dovrebbe essere adeguata al valore che oggi ha la risorsa acqua, considerando però il numero di persone che compongono il nucleo familiare (oggi non è così) e che un certo quantitativo deve essere considerato consumo “normale” di una risorsa vitale. Devono invece essere penalizzati gli utilizzi eccessivi e gli sprechi.

Sappiamo di spingerci troppo in avanti nel proporre operazioni opportune di contabilità ambientale anche per questo settore, in modo, ad esempio, da mettere sulla bilancia i costi/benefici per l’ambiente dell’utilizzo di acqua del rubinetto anche per bere, con i costi/benefici dell’acqua minerale considerato che quest’ultima è contenuta in bottiglie di pet (la loro produzione necessita di petrolio ed acqua) e viene trasportata con altri consumi di energia e relativi impatti ambientali. Eppure, di solito, non si sente lamentarsi per i costi della minerale mentre le bollette della potabile sono considerate spesso indigeste.

Senza quasi accorgercene siamo scivolati verso il secondo aspetto che è quello strettamente culturale. Una seria politica di conservazione da attuare su area vasta o su scala comunale che veda al primo posto la riduzione dei consumi, che miri a sfatare molti pregiudizi, per avere successo non può essere imposta dall’alto senza il coinvolgimento dei cittadini. Il cammino non è facile considerando che siamo tra i più grandi consumatori di acqua potabile e minerale: in alcuni casi basterà la semplice sensibilizzazione e il richiamo etico, ma certi comportamenti virtuosi alla fine devono convenire.

Torna all'archivio