[27/02/2007] Consumo

Il futuro verde della chimica italiana è ancora lontano

LIVORNO. “Stop al mercurio”, la versione italiana a cura di Legambiente della campagna Zero mercury coordinata dall’Eeb, il network delle associazioni ambientaliste europee, denuncia l’impatto ambientale della produzione cloro soda con l’utilizzo del mercurio e ne chiede la conversione con processi meno impattanti e meno energivori. I risultati di un monitoraggio delle concentrazioni di mercurio in atmosfera compiuto dai tecnici di Legambiente nel giugno 2006, sono stati resi pubblici oggi durante il convegno “Un futuro verde per la chimica italiana” che si è svolto a Roma a palazzo San Macuto.

Le misurazioni, effettuate con uno strumento portatile, sono state realizzate nelle vicinanze dei 6 più grandi impianti cloro-soda italiani: quelli attivi di Porto Marghera (Ve), Pieve Vergonte (VCO), Torviscosa (Ud), Rosignano (Li), Bussi sul Tirino (Pe) e l’impianto di Priolo (Sr), chiuso nel 2005 e coinvolto nell’indagine della Procura di Siracusa per lo sversamento in mare dei reflui al mercurio. In tre casi (Pieve Vergonte, Porto Marghera e Priolo) il monitoraggio è stato effettuato anche all’interno dell’impianto.

La “fotografia” della presenza del mercurio in atmosfera, scattata dai tecnici di Legambiente, fuori e dentro gli impianti, fornisce per la prima volta un quadro nazionale sostanzialmente omogeneo sulle emissioni in aria di questa tipologia impiantistica. In assenza di un limite di legge nazionale o europeo per la concentrazione del mercurio nell’aria atmosferica, i valori misurati sono stati confrontati con i limiti di sicurezza per l’esposizione cronica stabiliti negli Stati Uniti dall’Epa e dall’ Agenzia per il registro delle sostanze tossiche e delle malattie (pari rispettivamente a 300 e 200 nanogrammi per metro cubo di aria), e con il valore medio annuo raccomandato dall’Oms nelle “Linee guida per la qualità dell’aria”, (pari a 1.000 ng/m3). E le sorprese non mancano.

I picchi istantanei più elevati sono stati riscontrati a Pieve Vergonte (quasi 35mila ng/m3), Priolo (poco meno di 17mila ng/m3) e Porto Marghera (circa 1.500 ng/m3), dove le misurazioni sono state fatte all’interno degli impianti.
A Bussi sul Tirino (circa 7.700 ng/m3), Rosignano e Torviscosa (1.200 ng/m3 circa in entrambi i casi), dove i campionamenti sono stati fatti all’esterno.

Il valore medio misurato su tutta la durata del campionamento, ha registrato la concentrazione più elevata a Pieve Vergonte (oltre 1.500 ng/m3), Priolo (1.200 ng/m3 circa) e Porto Marghera (186 ng/m3),per i campionamenti fatti all’interno dei siti.
Mentre per i campionamenti fatti all’esterno degli impianti i valori medi più alti sono stati rilevati a Torviscosa (516 ng/m3), Bussi sul Tirino (447 ng/m3) e Pieve Vergonte (247 ng/m3).
I dati del monitoraggio di Legambiente confermano quindi un notevole contributo alle emissioni di mercurio da parte di questa tipologia di impianti, già resi noti dall’Eper, (il registro europeo sulle emissioni inquinanti).

Degli 8 impianti cloro-soda attivi nel nostro paese infatti, solo quello di Assemini (Ca) della Syndial utilizza la tecnologia a membrana, quello di Rosignano della Solvay è in riconversione dalla scorsa estate, mentre gli altri 6 (Syndial di Porto Marghera, Solvay di Bussi sul Tirino, Caffaro di Torviscosa, Tessenderlo di Pieve Vergonte, Altair Chimica di Volterra (Pi) fino al piccolo impianto di Picinisco in provincia di Frosinone, utilizzano ancora nel loro ciclo produttivo le celle al mercurio.
Qualche cosa comunque si è mosso: oltre ai lavori per la riconversione dell’impianto Solvay di Rosignano è stato firmato l’accordo di programma locale per l’impianto Solvay di Bussi sul Tirino che prevede lo stop all’impianto cloro-soda e la sostituzione, entro la fine dell’anno, con un impianto più piccolo con tecnologia a membrana.
Infine a settembre 2006 la Commissione Via nazionale ha dato il via libera al progetto di riconversione dell’impianto cloro-soda di Porto Marghera, che con la produzione di 200mila tonnellate annue di cloro (su un totale nazionale di circa 700mila) è il più grande sito produttivo di questo tipo del nostro paese.
Ma per un futuro verde per la chimica italiana, la strada da percorrere è ancora piuttosto lunga.

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