[22/02/2007] Comunicati

Dopo il liberismo, ci tocca patire anche l´insostenibilità del fondamentalismo

LIVORNO. Chi ci segue sa che il nostro "punto di lettura" della sostenibilità ambientale è strettamente legato alle soluzioni strategiche quanto alla loro praticabilità quotidiana secondo il principio di coerenza "fare ognuno come se dipendesse da se" e allo stesso tempo non scambiare "il se" con il contesto oggettivo e soggettivo.

Insomma, in una fase storico-politica in cui, comunque la si pensi, non è possibile prescindere dalla democrazia e dal mercato, i livelli di sostenibilità praticabili debbono per forza scaturire da mediazioni e compromessi.

Qualcuno, pensando di essere più radicale, più intransigente, più coerente, più attraente, in una parola: fondamentalista, vaneggia opzioni zero, impatti zero, rifiuti zero, emissioni zero da praticarsi attraverso egocentrici salti logici che, guarda caso ( se si sa guardare), vanno a scaricarsi sistematicamente proprio sull´anello più debole in nome del quale si pontifica: l´ambiente.

E´ così sull´energia, quando insieme al no al nucleare, al carbone e al petrolio, di riffe o di raffe, si nega anche l´utilizzo del metano, dell´eolico e del solare (l´idrogeno è un vettore e non una fonte).

E´ così sui rifiuti, quando non si tiene di conto che le pratiche concrete dei prelievi di materia, della produzione e del consumo che si traducono nella schiacciante egemonia (elettorale, e quindi democratica..) della crescita economica hanno un esito che non può essere in alcun modo associato alla opzione rifiuti zero, se non con esercizi demagogici, che spostano, non a caso, nel tempo e nello spazio (dal loro spazio) la mitigazione possibile degli impatti (l´opzione rifiuti zero è stata misurata dal Wuppertal Institute: ridurre del 90% i prelievi di materia prima).

E´ così quando si pensa di ridurre le emissioni di qualche impianto logospecifico e si da per persa la battaglia per l´utilizzo dei mezzi ubblici per merci e/o persone (o addirittura si combatte allo stesso tempo e con la stessa radicalità, quelle e questi: vedi la tramvia di Firenze).

Insomma è così su tutto! Quando si pensa di saltare il rapporto fra la soluzione delle cose e il necessario consenso delle persone attraverso schemi funzionanti solo dialetticamente, il risultato è sistematicamente il peggio e non il meglio.

Non si dirà che a greenreport ha fatto difetto la critica della politica, il suo scadimento a marketing, a infotainment, la sua incapacità di dare un senso alla partecipazione prendendosi la responsabilità di decidere e di sopportare, perciò, il fisiologico dissenso di porzioni più o meno larghe di popolazione e di elettori, il suo oscillare tra fondamentalismi (di destra e di sinistra, basta guardare la composizione dei comitati) e assenza di progettualità (di sinistra, perché alla destra non serve). Non ci siamo davvero nascosti in una visione irenica quanto onanistica della sostenibilità ambientale che prescinde dal potere e da chi lo esercita. Abbiamo, anche, denunciato il paradosso per il quale, da una parte la società civile, dall´altra il mercato, sono in fuga rispetto alla capacità di dare risposte cogenti da parte della politica.

Ma abbiamo, anche e sempre, avuto chiaro che le parole mediazione e compromesso rappresentano esattamente la misura di un ambientalismo quanto di una politica matura che sa produrre il consenso necessario alle decisioni partecipate, che sa sopportare il dissenso assumendosi l´onere della responsabilità, che sa insomma praticare la sostenibilità (economica, sociale e ambientale) necessaria: qui e ora perché possibile qui e ora.

Tutto questo lo abbiamo detto senza mai perdere il senso della misura e del discernimento. A neanche un anno dall´insediamento del governo Prodi si sono messe in moto decisioni e atti concreti di governo neanche lontanamente paragonabili ai cinque anni del governo Berlusconi. Con contraddizioni?

Certo! A parte il lascito sciagurato del precedente governo e del precedente ministro dell´ambiente che hanno pesato e peseranno anche in futuro, è proprio la necessità di una riforma dell´idea e della pratica dello sviluppo ( a livello mondiale e locale) che necessitano capacità di governare contraddizioni soggettive ed oggettive. Come dice Sen, infatti, non si vive di più e meglio dove c´è meno sviluppo, si vive di più e meglio dove c´è più sviluppo. Anche se comincia ad evidenziarsi anche fra gli economisti una fisiologia di questa crescita che sta diventando patologia.

E allora? Allora qualcuno ci spieghi che cosa ha di radicale, di coerente, di democratico, la “tolleranza etica zero” di due senatori che ci hanno reimmerso nello psicodramma delle consultazioni per un nuovo governo, con lo spauracchio di un bel governo tecnico e/o istituzionale che ci riporti a votare con una legge elettorale demenziale e con il rischio concreto di altri cinque anni di governo Berlusconi.

Dopo aver patito l´insostenibilità del liberismo, ci tocca patire anche l´insostenibilità del fondamentalismo. Insostenibilità sociale, ambientale ed etica.

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