[15/02/2007] Rifiuti

L´Apat, la differenziata, l´albero e la foresta

PRATO. Nei giorni scorsi le pagine dei giornali sono state riempite dalle congratulazioni alla Toscana e a Prato in particolare per il risultato ottenuto nella raccolta differenziata, che la vede posizionarsi al terzo posto assoluto in Italia con il 35,2%, dopo Padova (39,7%) e Torino (35,3%). A parte la solita confusione giornalistica che, alternativamente, scambia le città capolouogo di provincia con la provincia stessa (in questo caso il dato cittadino con quello provinciale) i dati diffusi dall’Apat hanno mostrato una situazione particolarmente difficile in Italia limitandosi a registrare uno solo degli anelli della gestione integrata dei rifiuti, quello appunto della raccolta differenziata. Ne abbiamo parlato con il presidente di Asm Prato Adriano Benigni.

«Sono molto soddisfatto di quello che abbiamo fatto – dice Benigni – perché è un riconoscimento per tutta la città di Prato ed è anche il frutto degli sforzi e degli investimenti fatti in questi anni. Perché se è vero che la raccolta differenziata ci costa molto di più, è anche vero che ci riduce i costi in termini di impatti ambientali. I risultati ci sono, ora si tratta di andare avanti su questa strada sperando di migliorarli ma ben sapendo che per crescere ancora servono altri investimenti perché la raccolta differenziata non è un dato acquisito e lo testimonia Padova, che pur rimanendo la città con la più alta percentuale quest’anno è calata».

In questi giorni avete ricevuto molti complimenti sulla stampa, il titolo di greenreport.it era: “Prato virtuosa ma (per ora) con gli impianti degli altri”. Che cosa ne pensa?
«L’avevo visto ma che posso dire? Il problema degli impianti è un fatto concreto e il ciclo dei rifiuti non è solo raccolta differenziata così come non è solo raccolta differenziata e impianti. Gli impianti oggi sono una parte indispensabile del ciclo perché noi dobbiamo pensare a come dare soluzione al problema rifiuti nel suo complesso. Però è anche vero che la questione degli impianti è di carattere politico e mi pare che ora, con la firma dell’accordo per l’area metropolitana, ci siano le condizioni per lavorare bene. Le amministrazioni hanno fatto un passo avanti importante puntando a una razionalizzazione degli impianti. E ora vedo impegnate anche le aziende per dare le gambe a questo accordo politico. Certo però le aziende da sole più di tanto non possono fare».

Quali sono gli altri aspetti del ciclo dei rifiuti da migliorare e sui quali le aziende hanno meno possibilità di intervenire?
«La prima azione della gerarchia è quella della riduzione dei rifiuti e non dipende certo dalle aziende. Perché se io quest’anno aumento la differenziata del 3% ma contemporaneamente mi aumenta anche al produzione dei rifiuti del 3%, io resto sempre al palo, eppure avrò speso anche molto e i costi ricadranno sui cittadini. La riduzione è un problema serio che la politica deve affrontare di petto: anche l’altro giorno alla presentazione dei dati Apat è emerso che anno dopo anno i rifiuti aumentano. Così come riportato anche nei dati toscani valicati da Arrr: le differenziate nel 2005 hanno subito un lieve calo e i rifiuti sono aumentati, seppur di poco. Per questo ritengo che sia importante stabilire obiettivi di raccolta differenziata, ma certe ipotesi, come quella dei commissariamenti, possono essere solo provocazioni. Questo per dire che la raccolta differenziata, in cui io credo molto, da sola non può risolvere il problema, perché per esempio è bene ricordare che una parte della differenziata, essendo impura, finisce inevitabilmente nei termovalorizzatori o nella discarica. Casomai bisognerebbe pensare a migliorare la filiera del riciclo».

Eppure molto spesso si tende a identificare la raccolta differenziata con il riciclo.
«Invece è fondamentale far capire bene alla gente che un conto è raccogliere e un conto è riciclare per poi riutilizzare. Ancora siamo molto indietro da questo punto di vista perché se anche si creano dei prodotti da materiale riciclato ma poi non si utilizzano, allora diventa inutile anche una raccolta differenziata a 55% come ha indicato la Regione al 2010. Noi ci impegniamo, ma serve un mix di azioni per far funzionare il sistema nel suo complesso . E questo temo sia un difetto culturale difficile da togliere. Cambiare cultura significa anche avere un approccio diverso: quando arrivano le bollette dell’acqua, del gas e dell’energia le paginate sui giornali non si vedono quasi mai, ma quando c’è da pagare la Tia scoppia la rivoluzione. Bisogna capire che i rifiuti sono un servizio alla stregua degli altri, da pagare come gli altri, non sono un problema solo del Comune».

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