[12/02/2007] Recensioni

La recensione. Ti ricordi Cernobyl? a cura di Lucia Venturi

Il tema del surriscaldamento del pianeta è divenuto ormai una opinione diffusa non solo da parte del mondo ambientalista e della scienza, ma anche dal versante dell’economia e chiede alla politica la messa in atto di interventi urgenti per affrontarne e prevenirne le conseguenze.
L’esigenza di porre un freno alle emissioni di anidride carbonica, considerata la principale responsabili dell’aumento dell’effetto serra e dei conseguenti cambiamenti climatici, pone allora sempre più evidente la necessità di liberarsi dalla dipendenza delle fonti fossili per ricavarne energia.

In questo panorama la sorprendente e vertiginosa crescita economica di paesi quali Cina e India, che determina un corrispondente aumento della richiesta di energia, ha indotto da più parti a trovare risposta nel ricorso all’energia nucleare. Tanto che se ne torna a parlare anche nel nostro paese, che ha scelto con il referendum del 1987 di abbandonare questa via.

La lettura del libro Ti ricordi Cernobyl?, pubblicato in occasione del ventennale del più grave incidente della storia del nucleare civile, dalla casa editrice Infinito e Legambiente, si presta allora molto bene a ripercorrere i motivi di quel no referendario, sui cui senza dubbio la spinta emotiva ha avuto un ruolo importante, ma che aveva come fondamento argomentazioni assai più scientifiche e di natura più strutturale. Il libro ha inoltre in sé un altro elemento di fondo, ovvero quello di contribuire alla «custodia della memoria».

Dopo vent’anni infatti è difficile tenere viva l’attenzione su un evento che allora ha scosso fortemente l’opinione pubblica, e che per milioni di persone che vivono tutt’oggi gli effetti di quella tragedia è purtroppo ancora una realtà.

Il libro è scritto a più mani, da molti di coloro che negli anni si sono battuti contro il nucleare e per il sostegno ai cittadini colpiti dal fall-out radioattivo, e si articola in tre parti, tenute insieme attraverso un filo conduttore di storie.

Storie vissute in prima persona o raccolte dai diretti interessati, raccontate da giornalisti, medici, ambientalisti, alcuni divenuti famosi, altri meno. Tutti a vario livello interpreti di una storia lunga vent’anni e «che hanno contribuito, ognuno a modo suo ad arricchire il lungo percorso intrapreso da Legambiente per un futuro diverso e più giusto» come si legge nella prefazione di Roberto Della Seta.

La prima parte ripercorre gli anni in cui si è verificato l’incidente alla centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, a partire dalla notte del 26 aprile dl 1986 quando per una serie di fattori concomitanti il quarto reattore esplose. Un incidente le cui cause rimangono ancora oggi per alcuni aspetti ancora poco chiare e che suscitò reazioni assai controverse nel resto d’Europa.

Da parte della stessa Urss, si cercò infatti di tenere nascosto l’evento e solo dopo 48 ore la notizia cominciò a circolare a partire dalla Svezia dove si iniziarono a rilevare livelli di radioattività insoliti. Da là la notizia iniziò a muoversi come una onda e a circolare nelle agenzie di tutto il mondo. Ma la reticenza a diffondere la vicenda non fu solo da parte sovietica, anche la Francia fu tra le ultime nazioni ad informare la popolazione che una nube radioattiva stava passando sulle loro teste.

In Italia si susseguirono una serie di informazioni discordanti da parte dei vari ministeri (è rimasta famosa la raccomandazione del ministro della protezione civile Giuseppe Zamberletti che invitava a lavare bene l’insalata!)e sarà solo dal 2 di maggio che l’allora ministro della sanità Carlo Degan emise un ordinanza in cui si vietava la vendita di verdura a foglie larghe e di bere latte fresco ai bambini e alle donne incinte. Oltre al divieto di importazione di animali domestici e selvaggina.

Ma la nube di Cernobyl oltre a far aumentare i livelli di radioattività sul terreno determinò in Italia una ulteriore compattazione del movimento antinucleare che si era creato a partire dal 1977 con l’apertura del cantiere di Montalto di Castro, per la costruzione della centrale che non verrà mai completata.
Un movimento che proprio per la sua particolarità di composizione e di azione riuscì a guadagnarsi il risultato referendario.

«La partecipazione degli universitari è uno dei caratteri non originale ma significativo di questo movimento. Per molti di noi non ci fu delega ad altri, come in generale avviene» scrivono Gianni Mattioli e Massimo Scalia nel loro contributo al libro «e ancor prima del referendum il risultato della forza di quel movimento fu la partecipazione in massa alla manifestazione che si svolse il 10 maggio del 1986 a Roma. Dietro lo striscione «in nome del popolo inquinato» sfilarono assieme a 200.000 persone quelli che saranno i padri dell’ambientalismo italiano, da Fabrizio Giovenale ad Antonio Cederna.

Nel libro sono raccolte anche le testimonianze e le riflessioni di Paolo Gentiloni allora direttore de La nuova Ecologia, di Ermete Realacci che diventerà presidente di Legambiente, di Sergio Zavoli che fu tra i primi giornalisti Rai a recarsi sul luogo dell’incidente con una troupe e che racconta in maniera assai eloquente della cortina di ferro che ancora nella Russia di Gorbaciov si respirava.

La seconda parte mette in luce le conseguenze sanitarie e ambientali prodotte in seguito al fall-out radioattivo che hanno interessato in particolare la Bielorussia, dove si è riversato il 75% della radioattività fuoriuscita dal reattore che era in realtà in Ucraina. Ma anche le conseguenze sociali e psicologiche che vengono riassunte in quella che è definita la “sindrome di Cernobyl”, una completa perdita di speranza nel futuro che ha minato la generazione attuale e messo una pesantissima ipoteca su quelle a venire.

Le storie che si raccontano in questa parte attraverso le parole delle persone incontrate nei tanti viaggi fatti da volontari impegnati in percorsi di aiuti, assistenza e di cooperazione, non lasciano dubbi sulla assoluta attualità della tragedia che vivono milioni di persone. Ma raccontano anche l’estrema convinzione e pervicacia con cui un nutrito gruppo di persone testimonia il quotidiano impegno nella lotta contro il nucleare attraverso l’attivazione di processi di cooperazione e di solidarietà con quei paesi e con quelle popolazioni.

L’ultima parte del libro è dedicata alla descrizione dell’attuale situazione del nucleare in Europa e nel resto del mondo sia riguardo all’industria bellica legata all’atomo sia all’industria elettronucleare. Descrivendo quelle che sono le problematiche a livello globale che il ricorso all´atomo produce, a partire dall’estrazione dell’uranio, sino alla sistemazione delle scorie che da questi processi derivano. Sistemazione che ancora non ha trovato una soluzione sicura e duratura.

Fornisce poi anche una aggiornata panoramica dei trattati che esistono a livello internazionale riguardo alla non proliferazione nucleare, alle problematiche relative alla sicurezza in termini di possibili atti terroristici e riguardo agli incidenti che a vario livello e con diversa entità si sono registrati nei siti di produzione elettronucleare o di utilizzo dell’atomo per scopi militari. E guardando oltre al nucleare, si fa poi una panoramica della attuale situazione energetica in Europa e di quella futura anche in vista dall’aver accolto come unione europea la sfida di Kyoto.

La storia che chiude il libro è quella relativa alla svolta fatta in Germania che ha scelto durante il primo governo rosso-verde del cancelliere Schroeder di abbandonare, in maniera graduale ma definitiva, il nucleare entro il 2020.
La storia è raccontata anche in questo caso da un protagonista di quella scelta. A parlare è Hermann Scheer , responsabile energia del Spd, che attraverso una intervista fatta da Massimo Serafini spiega in che modo la Germania ha messo in atto la scelta di abbandonare l’atomo. Una svolta che grazie alle leggi che sono state varate per attuarla ha già all’attivo 15.000 Mwatt eolici installati (il 40% installato a livello mondiale) circa 6 milioni di metri quadrati di collettori solari termici, 500 Mwatt fotovoltaici. E questo ha significato anche 130.000 nuovi posti podi lavoro.

Questo libro è dunque un viaggio lungo la memoria che parte da Cernobyl per approdare alle scelte alternative possibili al nucleare. Per non dimenticare e per ricordarci che, come ha detto Luciana Castellina, «quando un’utopia è necessaria finisce per diventare realtà».

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