[08/02/2007] Energia

Ancora sul nucleare: atti (di governo), studi (da fare), fatti (da provare)

LIVORNO. Da qualche giorno a questa parte le pagine di greenreport hanno fatto da veicolo ad un dibattito sulle questioni del nucleare. Prendendo spunto da un articolo pubblicato sul sole24 ore che riportava le conclusioni fatte da un team dell’Università di Pisa riguardo ai costi della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, la redazione aveva intervistato il prof. Massimo Scalia fisico dell’università la Sapienza di Roma e noto esponente delle battaglie antinucleari di questo paese.

Il dibattito ha permesso al team degli ingegneri impegnati a più livelli nella ricerca sul nucleare, che ha risposto alternando le voci presenti al proprio interno, di sostenere - presentando e citando gli studi da loro prodotti - che il nucleare è sicuro, che il problema delle scorie è un falso problema, che i costi sono assolutamente competitivi rispetto alle altre fonti di approvvigionamento energetico. Tutti argomenti che il prof. Scalia , utilizzando argomentazioni provenienti da istituti internazionali (come la Aiea e la Iea) gli contestava non essere ancora dimostrabili nella attuale realtà industriale. Argomentazioni quindi che ancora fanno parte del capitolo della ricerca o come ha sottolineato anche l’ing. Sorokin dei desiderata.

Le scorie “sono un falso problema” ancora ci dice oggi l’ing. Romanello, come sta scritto in “due documenti tecnici (!), dati, calcoli, grafici e numeri alla mano che il sottoscritto e collaboratori hanno prodotto”. Lo inviterei allora ad andare a spiegarlo agli abitanti di Scanzano che le scorie sono un falso problema o di prepararsi a dimostrarlo alle prossime popolazioni che abitano a fianco dell’unico o dei vari siti che verranno prescelti per il deposito dei materiali che ancora sono all’interno delle centrali in via di dismissione.

Attualmente ci risulta infatti che vi sia un problema (vero) su dove e come collocare le scorie, a livello non solo italiano, ma anche di quei paesi in cui la tecnologia nucleare è per così dire più matura. E ci risulta anche che l’unico deposito geologico, laddove verrà garantito l’isolamento dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, sarà quello (ancora non funzionante) nello Yucca mountain in Nevada, il cui costo si aggira sui 65 miliardi di dollari tra studi geologici, progetto e costruzione. Mentre il precedente avviato a New Mexico nel 1999, nato per ospitare scorie ad alta attività si è rilevato non idoneo per le caratteristiche di instabilià geologica. Si è speso circa un miliardo di dollari e adesso ospita scorie a media e bassa attività.

Quindi si tratta di trovare siti idonei e di avere a disposizione enormi somme da destinare alle scorie che con il nucleare si producono: difficile allora definirlo un falso problema. E difficile non mettere in conto anche questi costi, quando si fa un bilancio complessivo, nella realtà effettuale e non in quella degli studi.

E ancora una volta la contestazione che viene dall’Ing. Romanello è sul fatto che il loro “studio tiene in conto espressamente nella valutazione del costo lo smaltimento sicuro delle scorie e il ricupero del sito a “prato verde”.

Stiamo quindi parlando ancora di studi. Fondamentali, importanti, innovativi quanto si voglia, ma sono ancora studi, come lo è la ricerca riguardo alla cosiddetta quarta generazione degli impianti: infatti quelli funzionanti e in corso di realizzazione sono ancora di seconda o al massimo di terza generazione. Quella appunto che non può essere annoverata tra gli impianti a sicurezza intrinseca.

Quindi bollare come “del tutto infondate poi anche le preoccupazioni sulla sicurezza degli impianti, il cui livello di sicurezza è indiscutibile (come peraltro dimostreremo molto ampiamente in un articolo tecnico in preparazione).” È ancora da dimostrare, perchè ancora una volta si parla di studi e articoli in preparazione, di ricerca e non di tecnologia industriale.

E’ evidente che nella tecnologia utilizzata per costruire gli impianti successivi alla tipologia RBMK di Cernobyl, il tema sicurezza è stato tenuto in maggiore considerazione, ma a parte il fatto che reattori del tipo RBMK sono ancora funzionanti negli stati dell’ex Unione sovietica, adesso facenti parte dell’Unione europea, il problema della sicurezza degli impianti nucleari rimane.

E lo dimostrano la gran quantità di incidenti- di entità sicuramente minore a quella di Cernobyl, ma comunque sempre ricompresi nella scala INES, che li classifica da 0, ovvero semplice guasto, a 7 cioè incidente molto grave.

A meno che si voglia sostenere che la fuoriuscita di sostanze radioattive da un impianto a energia nucleare, che risulta abbastanza frequente per quello che è dato sapere, non siano da considerarsi un problema. Bisognerebbe chiederlo però a coloro che ci vivono attorno e che ne subiscono le conseguenze. Senza scomodare i milioni di persone che ancora convivono con la radioattività ereditata dal follout prodotto dal reattore di Cernobyl vent’anni fa.

Quindi da studiare (e verificare nel concreto) per avere energia nucleare a basso costo, sicura e con le scorie a posto, ce n’è ancora tanto. Del resto anche il ministro Bersani, che notoriamente non è certo né un ambientalista convinto, né un antinuclearista di vecchia data, lo ha sostenuto proprio ieri in consiglio dei ministri.

Dichiarando che è "insufficiente" quanto è stato fatto per il problema delle scorie e che comunque «anche se non ci fosse il problema della sicurezza sarebbe priva di fondamento l’ipotesi che il nucleare costi meno delle altre fonti». Questo non impedisce certo come ha aggiunto Bersani, di continuare a studiare, anzi deve spronare a partecipare ai migliori programmi di ricerca internazionali per il nucleare di nuova generazione.

Ricerca appunto, perché oltre a quello che è già stato prodotto c’è ancora molto da studiare.

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