[29/01/2007] Aria

Blair dice quello che tutti gli altri ripetono da anni: Kyoto-2 con Usa, Cina e India

ROMA. Non si è fatto sfuggire l’occasione Blair e all’apertura di Bush, che nel suo discorso sullo stato dell’Unione ha ammesso che forse il tema dei cambiamenti climatici ha un suo fondamento di verità e che quindi anche gli Stati Uniti devono cominciare a fare qualcosa, ha puntato al rialzo. Nel suo intervento al World economic forum di Davos, il premier inglese ha infatti lanciato l’appello affinchè l’attuale presidenza tedesca dell’Unione europea, si prodighi per fare in modo che al prossimo negoziato su Kyoto (per il dopo 2012) siano coinvolti sia gli Usa sia i paesi ad economia emergente, ovvero Cina e India.

Nel suo appello alla presidenza tedesca ha anche colto l’opportunità offerta da Angela Merckel, che sempre da Davos aveva promesso un impegno sostanziale dell’Europa per ridurre le emissioni di anidride carbonica con il taglio del 30% delle emissioni entro il 2020. Spostando quindi già in avanti le intenzioni europee che si erano attestate sull’accordo appena raggiunto del taglio del 20% delle emissioni di CO2 entro quella data.

Per Blair probabilmente è stata un´uscita pensata e programmata da tempo, ma che va contestualizzata nel suo reale valore: il premier inglese infatti ha semplicemente detto quello che tutti (quasi) sperano (e pensano) che si realizzi presto, se non altro tra 2 anni e mezzo, quando l´attuale inquilino della Casa Bianca lascerà il posto al suo successore, che sia Repubblicano o che sia Democratico. Altro affare sarà regolare il Kyoto 2 sulle deroghe per i Paesi emergenti, ma in molti ritengono che una volta ottenuta l´adesione degli Usa, anche per Cina, India e così via tutto sarà più semplice.

Blair, che ha comunque avuto il merito con il rapporto Stern di far
entrare con forza il tema economico entro gli scenari dei cambiamenti climatici, e che ora deve far fronte ai danni che l’uragano Kirill ha prodotto pochi giorni fa nel suo paese, rilancia quindi con obiettivi ancora più ambiziosi. Il target di riduzione annunciato dovrà essere infatti del 60% entro il 2020: questo si è prefissata la Gran Bretagna, ma – secondo Blair - «questo potrà produrre i risultati attesi solo se verranno coinvolti negli obiettivi di riduzione anche Usa, Cina e India. Perché se anche la Gran Bretagna da sola portasse a zero le proprie emissioni interne, la Cina da sola con l’attuale crescita, riuscirebbe in due anni a colmare nuovamente la differenza».

Un´impresa non facile quella che spetta allora al cancelliere Merkel, che però sembra ben intenzionata a procedere nella strada segnata e ben conscia che il problema ambientale è una sfida cui non è più possibile tirarsi indietro.
Si tratta di vedere se e quanto la lobby creata da dieci multinazionali americane assieme alle associazioni ambientaliste statunitense per dar vita alla Us climate action partnership, sarà in grado di condizionare non tanto le scelte dell’attuale presidente Usa, quanto nell’individuazione del prossimo, che verrà eletto alle future presidenziali del 2008 . E quanto l’Europa saprà giocarsi il ruolo di leadership nei prossimi negoziati di Kyoto.

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