[29/01/2007] Acqua

Ocse: ci sarà sempre meno neve per lo sci

PISTOIA. Qualche mese fa il sindaco dell´Abetone si scagliò contro il decreto sulle Zone di protezione speciale (Zps), poi decaduto, che accogliendo le richieste delle direttive habitat ed uccelli dell´Unione europea, avrebbe impedito la realizzazione di un nuovo impianto sciistico proprio in una Zps delle montagne pistoiesi. Poche settimane dopo lo stesso sindaco chiedeva la calamità naturale per mancanza di neve, che infatti si è presentata solo in questi giorni di fine gennaio.

E proprio la costruzione di nuove piste e impianti, che poi hanno bisogno di innevamento artificiale o addirittura del trasporto della neve dall´alta quota con elicotteri, come successo Kitzbühel nei giorni scorsi per poter far disputare lo slalom di Coppa del mondo, sta provocando scontri sempre più accesi tra amministratori e ambientalisti che invocano il rispetto delle normative europee e mettono in risalto l´assurdità di creare nuove strutture per lo sci mentre la neve diminuisce sempre di più.

L´Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in Europa (Ocse) ha già pronto lo studio "i cambiamenti climatici nelle Alpi: adattamento del turismo invernale e gestione dei rischi naturali" che verrà presentato a febbraio e che potrebbe essere un prezioso strumento per capirci qualcosa di più su quel che succede e succederà.

Per l´Ocse «il cambiamento climatico propone una sfida seria allo sviluppo sociale ed economico in tutti i paesi. Mentre gli impegni internazionali per ridurre le emissioni di gas della serra sono essenziali, l´adattamento agli effetti del cambiamento di clima deve anche essere integrato nelle politiche settoriali ed economiche universalmente». La pubblicazione analizza le implicazioni del riscaldamento climatico sull´economia delle alpi europee e mette a fuoco le misure di adattamento per ovviare a due vulnerabilità chiave: l´aumento delle perdite di presenze del turismo invernale per la riduzione della copertura nevosa e l´aumentata esposizione degli stabilimenti turistici e delle infrastrutture ai rischi naturali.

Lo studio è il prodotto di uno due anni di lavoro dalla direzione ambiente dell´Ocse e presenta la prima analisi sistematica sulla affidabilità della copertura nevosa nelle zone sciistiche di Italia, Francia, Svizzera, Austria di fronte al cambiamento di clima.

La pubblicazione esamina le implicazioni del cambiamento climatico per una serie di rischi naturali prevalenti nelle Alpi, con attenzione particolare sulle strutture ed ai meccanismi finanziari per controllare i rischi naturali in tre paesi: Francia, Svizzera e Austria, ma anche le misure tecnologiche, i meccanismi istituzionali ed i comportamenti da mettere in campo per adattarsi ai rischi. Secondo l´Ocse «il caso delle alpi europee, con la relativa alta capienza adattabile, fornisce esempi di buone pratiche che sono utili non solo per altri contesti sviluppati del paese, ma anche per i paesi in via di sviluppo».

Lo studio riguarda l´arco alpino, ma è evidente che i dati se rapportati alle più modeste montagne appenniniche sono ancora più preoccupanti. «In generale, le stazioni sciistiche italiane sono caratterizzate dall´altitudine elevata – spiega l´Ocse nel paragrafo che riguarda l´Italia - Questo non soltanto per l´accesso ai siti alpini elevati, soprattutto nel Nordovest, dove ci sono i più alti massicci delle Alpi, il Monte Bianco e il Monte Rosa, ma anche per l´altezza di molte stazioni sciistiche. Come in Francia, ci sono poche stazioni sciistiche che partono da un villaggio in quota o da resort fatti apposta per gli sport invernali, il più famoso è il Sestriere. L´altezza in quota delle are sciistiche è responsabile di un grado relativamente alto dello disponibilità della neve». Intanto, già oggi, in 57 delle 666 delle regioni sciistiche alpine non si può contare su almeno 30 centimetri per tre mesi, il minimo per assicurare la stagione invernale. Secondo l´Ocse ad ogni grado di aumento della temperatura media il limite dell´innevamento si innalza di 150 metri e basterebbe questo per ridurre a 500 le stazioni sciistiche con "neve sicura", con due gradi si scenderebbe a 400 ed a sole 200 con quattro gradi in più. Se ci sarà un innalzamento delle temperature di 2 gradi entro il 2050 la linea di spostamento della neve salirà di 300 metri e ci sarà il 68% di neve in meno nelle località turistiche alpine italiane. Ma l´effetto non sarà uguale da tutte le parti, secondo l´Ocse «c´è un graduale decremento nella disponibilità di neve da ovest ad est, con le aree sciistiche in Piemonte (soprattutto in Val d´Aosta) -, Lombardia che disporranno di più neve (83% per tutte e due le regioni) seguite dal Trentino (70%) ed Alto Adige/Sud Tirol (63%). In Friuli Venezia Giulia le aree sciistiche saranno più colpite, il 45% diventerà inutilizzabile con un innalzamento di 300 metri del livello della neve».

Intanto l´Italia è già il campione europeo di produzione di neve artificiale, costosa, energivora e con problemi di impatto ambientale. Per la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) almeno il 25% dei 90mila ettari di piste alpine italiane ha impianti di innevamento artificiale, ma davanti al caldo che avanza ed alla neve che sale verso quote sempre più alte anche questo non potrebbe bastare più. Il rischio di fare nuove piste che rimarranno vuote e senza neve è sempre più alto.

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