[29/01/2007] Recensioni

La recensione. La difesa dell’ambiente in Italia. Storia e cultura del movimento ecologista di Roberto Della Seta

Il libro, di agevole lettura, è stato scritto qualche anno fa. Ovviamente l’analisi sui trascorsi del movimento ecologista è sempre valida, ma quello che più meraviglia è l’attualità della prospettiva che nel testo viene affrontata quando l’ambientalismo viene posto a confronto con i grandi temi della “modernità” e della scienza.

Roberto Della Seta, giornalista, attuale presidente di Legambiente, in questo breve saggio fornisce molti elementi di riflessione e racconta la nascita e la storia dell’ambientalismo (con approfondimenti sulle radici del pensiero ecologico) in particolare del nostro Paese, partendo dalla consapevolezza, come ricorda Pietro Scoppola nella prefazione «che la sfida ecologica ci tocca e sempre più ci toccherà nei comportamenti quotidiani, nel modo di produrre e di consumare, nel modo e negli stili di vita».

L’autore identifica come data dell’allarme ecologico globale, quella dei primi test nucleari avvenuti nel deserto del New Mexico (luglio 1945) ad opera degli scienziati di Los Alamos e che precedettero di poche settimane le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki con le conseguenze a tutti note. Sicuramente da quel momento in poi in molti si sono chiesti quali limiti potessero avere le conquiste della scienza e l’uso della tecnologia. Ma è il periodo del primo dopoguerra con la ricostruzione e successivamente del boom economico, con una crescita edilizia ed industriale senza precedenti, che ha dato vita nel nostro paese alle prime vere battaglie in difesa dell’ambiente.

Erano battaglie condotte da minoranze di intellettuali, in difesa dei beni culturali e del paesaggio sottoposti a massiccia aggressione dagli scempi urbanistici e dalla speculazione edilizia. In questo clima nasce nel 1955 Italia Nostra che Della Seta tratteggia mettendo in luce le due anime dell’associazione talvolta contrapposte: quella rappresentata da Umberto Zanotti Bianco e da Antonio Cederna. Quel modello di sviluppo con consumo di risorse e crescita di produzioni industriali (oggettivamente insostenibile), fece spostare, nel corso degli anni 60, l’obiettivo dei difensori dell’ambiente dalla conservazione alla lotta contro l’inquinamento come ricorda l’autore «...il pericolo era molto più diretto e immediato, era che l’inquinamento colpisse la salute dell’uomo e danneggiasse irrimediabilmente gli equilibri biologici su cui per millenni s’era retta la sua stessa vita: era dunque un pericolo globale».

Al momento furono gli scienziati ad alzare la voce (medici, biologi, naturalisti) e a mettere in guardia dal pericolo: in questo clima nacquero anche in Italia associazioni che hanno poi sviluppato l’impegno nella protezione della natura come la Lipu (1965) il Wwf (1966). Della Seta nel tracciare la storia dell’ambientalismo rievoca momenti significativi come la prima celebrazione dell’Earth Day (22 aprile 1970) «la vastità della partecipazione e la dimensione politica della protesta fa di questa giornata il vero e proprio atto di esordio del movimento ambientalista» e li intreccia con figure storiche e talvolta contrapposte dell’ambientalismo: ad esempio viene rimarcata la lotta di “posizione” tra l’economista Aurelio Peccei fondatore del Club di Roma (associazione di economisti e scienziati) che presentò nel ‘72 il rapporto “I limiti della crescita” e Barry Commoner, biologo, marxista che pubblicò in Italia “il cerchio da chiudere” che divenne il manifesto dell’ecologia politica.

Ricorda l’autore «sebbene oggi la cultura ambientalista sia concorde nel riconoscere un valore fondamentale tanto alle dinamiche quantitative della crescita demografica e dell’aumento dei consumi, quanto ai problemi legati alla qualità dei cicli produttivi, negli anni ’70 queste due letture vennero considerate inconciliabili». Della Seta ricorda poi in modo dettagliato la battaglia antinucleare che fece dell’ecologismo un vero movimento politico. Le lotte a metà anni ’70 contro la localizzazione della centrale a Montalto di Castro, la nascita del Comitato per il Controllo delle scelte energetiche di cui facevano parte Gianni Mattioli, Massimo Scalia, Paolo degli Espinosa e la nascita da una costola dell’Arci, alla fine degli anni ’70, della Lega per L’ambiente (poi Legambiente dal 1989) che troverà nelle sinergie con gli esponenti della battaglia contro l’atomo terreno fertile per poter sviluppare quello che diventerà l’ambientalismo scientifico ancora oggi nel Dna e nella pratica quotidiana dell’associazione. L’autore ripercorre i momenti cardine della Lega per l’Ambiente: il distacco dall’Arci, il rapporto con la politica dei partiti, la vittoria dello schieramento ambientalista nel referendum contro il nucleare avvenuta nel dopo Cernobyl.

Ma l’analisi diventa di stretta attualità quando Della Seta percorre le motivazioni che hanno portato l’ambiente ad essere problema globale con la questione dell’effetto serra, della deforestazione, del “buco” nell’ozono, e le incrocia con il percorso di ricerca che Legambiente, in particolare, ha messo in atto verso una «visione dell’ambientalismo come fattore generale di modernizzazione e “umanizzazione” dell’economia e della società che ambisce a collegare la questione ambientale con altri bisogni italiani e ad intrecciare su questa base vaste alleanze sociali». L’autore, oltre ai numerosi successi, ricorda anche come l’ambiente non sia ancora “il tema” «sul piano politico, il movimento ambientalista non è riuscito finora ad imporre i propri valori come criteri discriminanti delle grandi scelte sul futuro dell’Italia». Della Seta, nella parte conclusiva del libro, pone alcune riflessioni sul pensiero del movimento ambientalista «è il riflesso di una nostalgia reazionaria o è il più avanzato dei pensieri di “sinistra”?» e sul rapporto con la scienza «la sua analisi della realtà nasce da un approccio scientifico o invece è il frutto aprioristico, sentimentale, delle acquisizioni e delle conquiste della scienza e della tecnologia?».

Le peculiarità del movimento ambientalista non si ritrovano e non si catalogano facilmente probabilmente in nessuno schieramento. Ci sono sicuramente delle componenti reazionarie ma facciamo nostra una considerazione dell’autore giunta a termine di un’attenta analisi «le grandi mobilitazioni ambientaliste degli ultimi due decenni hanno espresso una sensibilità fondamentalmente di “sinistra” (libertaria, antiautoritaria, non violenta, in cui l’impegno per la difesa dell’ambiente nasce da una visione “solidaristica”... in tutti i Paesi in cui vi sono forze politiche ambientaliste di una qualche consistenza esse si collocano alla sinistra dello schieramento politico». Il rapporto dell’ambientalismo con la scienza è complesso. Della Seta attraverso le riflessioni di autori come Mumford, Illich, Lovelock, Bahro traccia una biografia delle varie anime e arriva a qualche conclusione «... il rifiuto della scienza e della tecnologia è sicuramente una tentazione di alcuni pensatori ecologisti, ed è un atteggiamento presente nella mentalità di molti militanti ambientalisti... ma non è affatto la “cifra” complessiva del pensiero ambientalista».

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