[16/01/2007] Aria

Dall´Australia: ogm contro l´effetto serra. Buiatti: non è possibile

LIVORNO. Ogm contro l’effetto serra? Lo sostengono i ricercatori della Southern Cross University di Lismore in Australia in uno studio che evidenzia quanto le coltivazioni tradizionali come cereali e canna da zucchero, modificate geneticamente, catturino e immagazzinino ingenti quantità di anidride carbonica. Il processo si verifica naturalmente nelle piante (plantstone carbon) e già cattura circa 300 milioni di tonnellate di CO2 nel suolo ogni anno nel mondo. Ma secondo le ricerche condotte da Leigh Sullivan e Jeff Parr (i ricercatori australiani), questa ’cattura’ può essere triplicata sviluppando nuove varietà di cereali, canna da zucchero e altre erbe o coltivazioni.

Gli scienziati avrebbero già creato varietà di sorgo e di canna con una capacità di cattura di CO2 dieci volte superiore alle coltivazioni convenzionali. Gli studiosi prevedono un potenziale di nuove varietà che con una capacità di cattura 30 volte maggiore di quelle convenzionali, in modo da sequestrare più di 800 milioni di tonnellate di CO2 globalmente ogni anno.

Un risultato eccezionale, ma è possibile? Abbiamo chiesto lumi a Marcello Buiatti, professore di genetica all’università di Firenze e presidente nazionale dell’associazione Ambiente e lavoro.

Professor Buiatti, che cosa ne pensa di questa ricerca?
«Che non ha alcun riscontro nella letteratura scientifica. E spiego il perché. Le coltivazioni tradizionali e quelle ogm sono state già paragonate dall’Usda (Dipartimento americano dell’agricoltura, ndr) diversi anni fa. Lo studio fu stato fatto sul mais e sulla soia che però hanno gli stessi geni del grano e della canna da zucchero. Ebbene, le coltivazioni tradizionali e quelle ogm sono risultate identiche a livello di produzione. E siccome è dalla produzione che si può stabilire quanta C02 viene catturata, lo studio degli australiani non vale niente. Va, tra l’altro, sottolineato che l’Usda è da sempre a favore degli ogm e quindi avrebbe avuto tutto l’interesse a sostenere una posizione diversa».

Dunque qual è secondo lei l’obiettivo di questa ricerca della Southern Cross University di Lismore?
«Mi ricorda quella fatta tempo a sul golden rice dove si sosteneva che aveva tantissime vitamine e che avrebbe risolto un sacco di problemi relativi alla malnutrizione, ma che poi si scoprì che le vitamine non ce l’aveva proprio…».

Torna all'archivio