[11/01/2007] Comunicati

Europa e Co2: quel che si può non è quel che si deve!

LIVORNO. Ieri la Commissione europea ha presentato un piano per contenere di almeno 2 gradi centigradi l’aumento di temperatura previsto nei prossimi decenni. Il piano prevede il taglio del 20% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2020, rispetto a livelli del 1990, in maniera unilaterale e, pone l’obiettivo di presentarsi ai prossimi negoziati internazionali, con un rilancio pari al 30% entro il 2020. Obiettivo che l’Europa si impegnerebbe a raggiungere, questa volta se anche gli altri paesi che finora hanno negato qualsiasi intervento di contenimento, prendessero iniziative in tal senso.

Un piano che non convince nessuno: troppo timido per il fronte ambientalista, troppo sbilanciato per il mondo dell’impresa, che si sente penalizzata nel mercato della competitività globale rispetto a chi questi obblighi di taglio non ce li ha.

In effetti si potrebbe dire, alla luce dei fatti, che entrambe le posizioni hanno il loro fondo di ragione e che in questo frangente la Commissione ha fatto quel che poteva, perché era difficile poter fare quello che in realtà sarebbe stato necessario. I dati del surriscaldamento del pianeta e delle conseguenze di questo innalzamento della temperatura, sono infatti ormai non solo ben enunciati e spiegati in rapporti scientifici, economici e ambientalisti.

Sono sotto gli occhi di tutti, delle persone comuni, che non hanno il metro della conoscenza per leggerli ma quello della esperienza per poterne valutare la portata. E non serve andare a richiamare scenari catastrofici lontani da noi, come le isole del pacifico che scompaiono sotto l’innalzarsi dei moti ondosi; basta valutare i bollettini delle nevi e quanto sci e slittini vengono ormai più spesso lasciati in cantina piuttosto che a scivolare sulle piste. Basta ascoltare le sorprese e preoccupate osservazioni degli agricoltori, che scrutano lo sbocciare delle gemme sulle piante a Natale anziché a Pasqua, temendo che una improvvisa gelata, metta in crisi il futuro raccolto. Gelata che a questo punto non è nemmeno detto che arrivi.

Così l’Abetone vuol chiedere lo stato di calamità e l’Ornellaia di Bolgheri, si rassegna, pragmaticamente, a dover interpretare il cambiamento climatico per capire i suoi effetti sui cicli delle colture.

Quindi è evidente che le misure intraprese dall’Unione europea saranno anche soggettivamente quelle possibili ma sono oggettivamente insufficienti, e che se anche da domani vi fosse un taglio effettivo delle emissioni di anidride carbonica del 30%, per metabolizzare quanto è già presente in atmosfera e gli effetti che questo già produce, ci vorrebbero degli anni.

Come è altresì indubbio che se l’Unione europea avesse intrapreso una più coraggiosa fuga in avanti, si sarebbe posto in maniera ancora più evidente, di quanto non lo è già, il problema degli squilibri nella competizione di mercato per le imprese europee (ricordiamo infatti che Usa e Cina son fuori dal protocollo di Kyoto). E’ allora quantomai evidente, il problema della mancanza di una governance a livello globale, su un tema come quello del surriscaldamento del pianeta in cui è decisivo il contributo di tutti. Contributo che dovrà essere certamente calibrato, ma che deve richiamare, comunque, ognuno alla corresponsabilità di un problema che ha caratteristiche globali e ricadute territoriali. E che pertanto ha bisogno sia di un governo globale, sia di iniziative locali.

Auguriamoci allora che l’America si muova, magari con il futuro presidente, perché in Europa non c’è nemmeno da attendere che un “Bush” da battere alle prossime elezioni presidenziali!

Torna all'archivio