[10/01/2007] Urbanistica

Il paesaggio non frena lo sviluppo, le villette a schiera sì

PISA. Trovo il dibattito in corso sul futuro di quella che fu la “Toscana Felix” francamente falsato e quindi inaccettabile.
La contrapposizione forzata tra un futuro di solo turismo e un futuro di produzione/esportazione appare del tutto strumentale, a favore della seconda opzione. In realtà la Toscana è una regione nel cui codice genetico stanno tutte e due le cose o meglio le due risorse: il paesaggio, costruito da secoli di agricoltura e manutenzione territoriale, unico al mondo (scusate se è poco!), e l’imprenditoria produttiva, che va dall’energia (geotermico), alla meccanica, al manifatturiero (i vari distretti) per non parlare della tradizione del sapere scientifico, con le tre università e tutti i vari centri di ricerca presenti.

Certamente la globalizzazione, o meglio la fase più recente che essa ha preso, con lo sviluppo dei colossi asiatici, ha spazzato via definitivamente una economia manifatturiera basata sugli scarsi investimenti e la scarsa innovazione che caratterizzava alcuni distretti produttivi anche in Toscana.
Su questa non conviene attardarsi nei rimpianti.

Si tratta invece di accettare la sfida economica globale e valorizzare al meglio le risorse di cui la regione Toscana dispone, che sono risorse umane, di sapere, di paesaggio. Il turismo non ha costituito finora limite alcuno allo sviluppo produttivo e non credo che intenda porlo oggi. Certamente la Toscana ha l’obbligo della coerenza con le proprie scelte legislative in materia di governo del territorio, che già del 1995 hanno fatto la scelta dello sviluppo sostenibile.

In realtà una grande coerenza finora non si è vista. In un decennio di stasi economica e demografica abbiamo assistito ad un boom senza precedenti dell’edilizia e in particolare di quella abitativa e di quella commerciale/produttiva. L’armatura territoriale tradizionale ne è risultata sconvolta: non esiste comunello che non si sia dotato di un area produttiva con qualche capannone prefabbricato magari vuoto e con un’accessibilità quanto meno problematica; gli insediamenti abitativi si sono sparsi nel territorio agricolo e collinare alla ricerca di una alternativa alla condizione urbana, determinando un aggravamento delle condizioni di funzionamento delle città e del territorio nel suo insieme, con una crescita esponenziale della domanda di mobilità e di energia.

In questo modo si sono erosi o definitivamente alterati quadri paesaggistici delicati, costruiti nei secoli, che avrebbero potuto essere considerati risorsa economica da sfruttare, e si è resa meno efficiente la gestione del territorio.
Era questa la sostenibilità auspicata dalla legge 5? Si è fatto veramente governo del territorio?
E che c’entrano questi fenomeni con la necessità di sostenere le iniziative produttive (e di ricerca) vere, cioè concorrenziali nel mercato globale?

Facciamo meno villette a schiera in campagna e coordiniamo le politiche degli insediamenti commerciali e produttivi, puntando sull’innovazione, invece di agitare lo spauracchio del paesaggio come freno allo sviluppo, per favore.

* Riccardo Ciuti fa parte della redazione urbanistica di Locus, rivista di cultura del territorio

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