[10/01/2007] Energia

Albrizio: altro che Europa coraggiosa, si rischia il suicidio energetico!

LIVORNO. Oggi la commissione guidata da Barroso presenta il piano dell’Europa per affrontare il problema delle emissioni di anidride carbonica e che dovrà essere sottoscritto dall’Unione a 27. E già piovono critiche.

Deludente rispetto alle anticipazioni e alle aspettative del fronte ambientalista, con un braccio di ferro tra l’ambiente di Stavros Dimas, che chiedeva tagli alle emissioni pari ad una quota del 30% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, e il mondo dell’industria, ben difeso dal tedesco Gunter Vereughen, che alla fine ce l’ha fatta ad ottenere una mediazione sul 20% (il commissario tedesco chiedeva invece il 15%).

Mentre il traguardo del 30% sarà di nuovo una meta possibile solo se vi sarà un accordo internazionale, assai difficile però da raggiungere.

Ma oltre all’abbassamento del tetto dei tagli - che verosimilmente era atteso e annunciato - è la continua apertura al rilancio del nucleare come “energia pulita” che preoccupa la eurodeputata verde Monica Frassoni, che sottolinea come al lavoro alla direzione generale dell’energia vi siano un forte sbilanciamento (100 a 5) tra chi lavora sul nucleare e chi lavora sulle energie rinnovabili e ancora più preoccupante il fatto che nel documento che da quella direzione sta per essere presentato «non c’è traccia dei pericoli legati alla gestione delle scorie, allo smantellamento delle centrali e alla minaccia del terrorismo».

Critiche all’approccio della commissione sul fronte energetico vengono anche da chi giudica l’Unione europea troppo debole nel combattere i monopoli in campo energetico (Alberto D’Argenzo, su il manifesto di oggi), che hanno creato distorsioni e avvantaggiato solo un certo tipo di industria. A dimostrazione che le liberalizzazioni – spesso viste come tabù – sono strumenti (non fini, nè totem) che se tarati rispetto agli obiettivi possono rivelarsi invece assai utili.

Abbiamo chiesto a Mauro Albrizio direttore dell’Ufficio Europeo di Legambiente e vicepresidente del Bee, quali sono gli umori che si respirano tra gli ambientalisti a Bruxelles sul piano della Commissione per combattere i cambiamenti climatici.

Alla fine è passato il compromesso dei tagli del 20%?
«Il 20 % rappresenta l’impegno dell’Europa come impegno unilaterale, ma rimane il 30% come base negoziale a livello internazionale».

Allora è meno peggio di quanto sembrasse?
«No è un disastro perché oggi la Commissione non assume nessun impegno aggiuntivo rispetto a quelli che già aveva preso, nonostante i drammatici rapporti che la stessa Commissione ha reso pubblici».

Perché afferma questo?
«Perché se facciamo due conti si può vedere che dal Progress report dell’ottobre 2006 emerge che, con le misure in cantiere, l’Europa a 25 ha già raggiunto una riduzione del 10,8% rispetto ai livelli del 1990, inclusi i meccanismi flessibili di Kyoto e non solo ciò che riguarda le riduzioni domestiche. A questo va aggiunto il piano di adozione per l’efficienza energetica che prevede una riduzione al 2006 del 20% degli sprechi e questo porta all’abbattimento di un altro 10% : quindi siamo già al 20%, oggi annunciato oggi come azioni “future”contro l’effetto serra».

Quindi il grande passo unilaterale della Unione europea oltre Kyoto è in realtà un bluff?
«E’ un passo indietro rispetto alle lobby elettriche»

Proprio oggi su il Manifesto si legge che l’unione europea sarebbe stata troppo debole nel combattere il monopolio delle aziende che producono energia elettrica, è d’accordo anche lei?
«Sì. Sono state date troppe concessioni ai monopolisti elettrici e purtroppo si continuano a darle. Se guardiamo al fronte delle rinnovabili, l’attuale direttiva (77/2001) prevede un target di 12% di energia rinnovabile al 2010 sul consumo totale di energia di cui il 22% sull’elettrico. Nel pacchetto che la Commissione va ad adottare oggi si assume un target del 20% sul totale, togliendo però lo specifico sull’elettrico. Se a questo si aggiunge che il 50% dei fondi destinati alla R&S sull’energia va al carbone pulito, ossia alla ricerca per captare le emissioni di Co2 prodotte dalla combustione del carbone, è evidente che si vuole ancora una volta privilegiare la lobby del comparto elettrico. Dato che si tolgono i soldi alle rinnovabili già mature e che potrebbero essere facilmente avviabili, nei fatti si blocca il loro sviluppo. E questo espone tra l’altro l’unione europea a grandi rischi. Perché se continua ad andare avanti sulla strada della dipendenza dai combustibili fossili corre il rischio di una sorta di suicidio energetico come dimostrano i fatti di questi giorni con la crisi tra Bielorussia e Russia».

Secondo alcuni questo pone,di nuovo, fortemente il rischio del rilancio del nucleare, lei che ne pensa?
«Dobbiamo stare attenti a dire al lupo al lupo. Nel testo presentato oggi viene confermato il principio di sussidiarietà, ovvero che ogni stato membro decide autonomamente le politiche sul nucleare. Quindi non c’è una posizione diversa e in avanti sulla questione nucleare da parte della Commissione. Il vero rischio è invece quello del cosiddetto carbone pulito e dei combustibili fossili, che sono ancora al centro delle politiche energetiche dell’Unione europea».

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