[09/01/2007] Comunicati

Il Biologico e l´insostenibile ´leggerezza´ dell´informazione

LIVORNO. Che ai prodotti biologici si possa contestare – in linea teorica – il prezzo, è una cosa assodata. Anche il consumatore più disattento se ne può accorgere e magari decidere che non valga la pena di comperarli. Lasciando però da parte il fatto che senza l’uso di pesticidi o altre tecniche chimiche le produzioni dei campi sono assai inferiori e quindi più care, nessuno, almeno fino a ieri, ne aveva però contestato addirittura i benefici. Ad abbattere questo tabù ci ha pensato un ministro dell´ambiente, le cui parole sono state amplificate dal Giornale nell´edizione di ieri.

Il ministro in questione è quello dell’industria e appunto dell’ambiente David Miliband, che avrebbe dichiarato: «Non esistono prove che il cibo biologico sia migliore di quello tradizionale». Aggiungendo poi che «Questa produzione costituisce soltanto il 4 per cento di quella nazionale, non il 40 e io non me la sento di affermare che il restante 96 per cento dei nostri prodotti è inferiore soltanto perché non è biologico. I prodotti coltivati con l’uso dei pesticidi non dovrebbero essere guardati dai consumatori come un’opzione di seconda categoria».

La tesi viene poi sostenuta rispolverando uno studio del 2004 dell’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria secondo la quale non ci sarebbero ragioni forti per preferire prodotti biologici ai tradizionali. Se anche tutto questo fosse vero – e non capiamo come si faccia a sostenere che l’uso dei pesticidi o della chimica applicata all’agricoltura in genere non abbia alcun effetto sulla salute - , è totalmente assente da questo confronto la questione del rispetto dell’ambiente. In particolare dei metodi di coltivazione.

L’agricoltura biologica infatti segue, e si è data anche a livello volontario, regole molto restrittive (presenti in parte anche nel Regolamento Cee) nell’ottica di ridurre al minimo il rilascio di residui nel terreno, nell’aria e nell’acqua; conservare la naturale fertilità del suolo; salvaguarda la complessità dell’agroecosistema e la sua biodiversità; consumare meno energia. Sono cose buone o no?

Qui non si tratta di voler difendere il biologico a tutti i costi. Sappiamo bene che c’è chi, intravedendoci un business, vive tra le pieghe della legge spacciando per prodotti biologici quelli non certificati, magari sfruttando parole che suonano in modo simile o che richiami a qualcosa di bio. Ci saranno senz’altro commercianti che gonfiano i prezzi all’eccesso. Ma questo non può bastare, e resta dunque qualcosa che sfugge. Perché si può dire tutto tranne che il biologico non sia un mercato di nicchia. E questo nonostante la grande distribuzione ci abbia investito notevolmente, facendo anche arrabbiare tanti agricoltori biologici della prim’ora.

Ciò allora potrebbe far pensare che qualcuno voglia boicottare il biologico, anche perché – stando a quanto scritto da Italia Oggi il 9 dicembre – proprio questi prodotti sarebbero richiestissimi a livello mondiale, tanto che per l’Organic montor «la domanda supera l’offerta». Si parla di un business annuo di 31 miliardi di euro e che i «maggiori incrementi della produzione biologica si stanno verificando nei Paesi in via di sviluppo».

Al di là del merito della questione – più complesso delle nostre necessarie semplificazioni - , resta il fatto che ancora una volta siamo di fronte ad una valanga di informazioni che rischiano di provocare confusione. Avere più punti di vista è un bene, sia chiaro, perché le persone possono così farsi un’idea migliore. Ma sul piano della comunicazione, proviamo a pesare quanto contano le parole di un ministro dell’ambiente inglese e quelle di un ambientalista o, in questo caso, di un agricoltore biologico…

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