[20/12/2006] Consumo

Crescita e costi economici della non sostenibilità

FIRENZE. «Dal punto di vista della sostenibilità sotto il sole della Toscana non è che ci sia niente di nuovo». Esordisce con queste parole Renato Cecchi, di Ambiente e Lavoro, commentando i dati diffusi da Irpet nel suo rapporto annuale che evidenzia nel 2006 una crescita dell’1,7% che nei prossimi due anni rallenterà al +1,2 (2007) e +1,3 (2008).

«Anche un pil vicino allo zero è pur sempre un aumento delle pressioni sull’ambiente – spiega Cecchi - e del resto ammesso e non concesso che le misure adottate col bilancio e col Prs appena concluso producano dei risultati positivi, ci vorranno anni e anni prima che si traducano in effettivo cambiamento dal punto di vista della gestione delle risorse ambientale, della qualità della produzione, della riduzione degli impatti».

Intanto allargando la visuale allo scenario italiano troviamo un’industria sorprendentemente in crescita (sorprendente almeno per quello che viene detto quotidianamente sui giornali da parte degli industriali). Industria monitorata costantemente, addirittura su dati mensili, mentre ancora gli indicatori di sostenibilità sono a dir poco evanescenti.

«Due considerazioni vanno fatte a questo punto – dice Cecchi - Mi pare che in Toscana ma probabilmente in tutto il Paese, si tardi fortemente a prendere atto che questo andamento delle cose dal punto di vista ambientale produce effetti negativi dal punto di vista economico. Il governatore Martini ha annunciato nella prossima primavera gli stati generali per lo sviluppo sostenibile. Vedremo se questo appuntamento determinerà una svolta che ormai tarda da troppo tempo: il contributo della Toscana all’effetto serra non migliora, e lo stesso non migliora la situazione dal punto di vista dei rifiuti, che continuano ad aumentare (quasi inevitabile visto che i consumi aumentano mentre non si intraprendono azioni operative vere, ndr)».

La seconda riflessione che propone Renato Cecchi riguarda gli investimenti: «Ci sarebbe la necessità di concentrare tutti gli investimenti pubblici e privati sul versante dell’innovazione, della conoscenza, della cultura dell’efficienza, qualità del lavoro e mantenimento delle risorse. O comunque in settori chiave come quello delle energie rinnovabili».

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