[13/12/2006] Aria

CO2 o non COnulla?

LIVORNO. Oggi Repubblica rilancia a tutta pagina un tema di cui Greenreport si era già occupato giorni fa: il carbon capture and storage (Ccs), cioè la cattura e stoccaggio in profondità dell´anidride carbonica che è già sperimentata con successo in un impianto di Weyburn, in Canada e che l’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia (Ingv) progetta di testare, con il consenso del ministero dell’ambiente, anche nelle vecchie miniere di carbone di Ribolla (Gr) ed in Sardegna.

Secondo gli esperti dell’Ingv attraverso impianti di Ccs sarebbe possibile eliminare il 60% del totale di anidride carbonica, quella prodotta da centrali elettriche, raffinerie, cementifici, e raggiungere così rapidamente e facilmente gli obiettivi del protocollo di Kyoto che attualmente sembrano quasi inavvicinabili per il nostro paese. Inoltre il carbone è la fonte di energia fossile più disponibile, probabilmente ce n’è ancora per almeno 200 anni, mentre petrolio e metano cominciano già a scarseggiare.

Addirittura entusiasta Giuseppe Vatinno coordinatore del gruppo che ha scritto il capitolo "Energia e cambiamenti climatici" del programma dell’Unione. «Questo processo – dice a Repubblica - non ha niente in comune con il cosiddetto carbone pulito, ottenuto attraverso la separazione delle polveri e quindi pur sempre inquinante. La cattura e lo stoccaggio dei gas-serra alla fonte consentono di ricavare un carbone super-pulito, a zero emissioni. Solo un pregiudizio ideologico può indurre i Verdi e la sinistra più radicale a opporsi ancora al progetto».

E non è finita, perché stamani si è svolto a Roma il convegno "La sfida della Co2 - Tecnologie contro il cambiamento" promosso dall´ambasciata britannica in italia durante il quale l´ambasciatore Edward Chaplin ha sostenuto che le tecnologie per la cattura e stoccaggio della Co2 potrebbero ridurre (in realtà nascondere sotto terra) del 90% le emissioni derivanti dalla produzione di energia.

Ma è davvero cosi? Lo chiediamo ad Andrea Cocco, esperto di cambiamenti climatici e che si occupa per Legambiente dell’attuazione del protocollo di Kyoto.

«Non condivido tutto questo entusiasmo – dice Cocco – Non ci sono elementi per ritenere sicuro il Ccs. Certo l’impianto in funzione in Canada non ha avuto perdite. Ma io starei molto attento, non vorrei che tutto questo entusiasmo fosse funzionale a chi vuole usare il carbone all’infinito e mettere da parte le vere e necessarie energie rinnovabili»

Di cosa avete paura?
«Nessuna paura, ma il timore che sostenendo questa tecnologia acriticamente la cosa si risolva in un nuovo vantaggio per l’utilizzo dei combustibili fossili. Alla conferenza mondiale sul clima di Nairobi c’era la proposta di inserire i carbon capture and storage all’interno dei crediti per lo sviluppo pulito, all’interno dei Clean development mechanism, il meccanismo flessibile previsto dal protocollo di Kyoto con il quale i paesi industrializzati e in transizione possono realizzare nei paesi in via di sviluppo, progetti di “beneficio ambientale” per le emissioni di gas serra e poi trasferire i “crediti” sull’obbligo di far calare le emissioni nel proprio paese. La discussione è ancora in corso».

Cosa è che non vi convince?
«Con questa tecnologia applicata ai Cdm io potrei risparmiare sulle mie emissioni in Italia facendo un impianto di Ccs in Cina. Ma questo sarebbe un risparmio soprattutto sulle energie alternative, non mi obbligherebbe ad investire sulle rinnovabili per ridurre davvero le emissioni e l’uso di combustibili fossili in Italia, o in Europa».

Quindi siete contrari?
«No, ma chiediamo molta attenzione e cautela e soprattutto di non mischiare le carte in tavola. Bene la ricerca e la sperimentazione ma attenzione. Noi siamo per lo sviluppo pulito».

Quindi non siete tra quelli che si oppongono al progetto come dice Vatinno?
«Non è che uno si oppone per principio, mi sembra una semplificazione. Vediamo però da un lato un periodico entusiasmo per le nuove energie e dall’altro per nuove tecnologie che perpetuano e favoriscono l’uso dei combustibili fossili. Nessuno si oppone, l’utilizzo di queste tecnologie potrebbe essere solo transitorio, visto che comunque tutte le fonti fossili sono destinate ad esaurirsi presto o tardi, quello che ci preoccupa è la strumentalizzazione, che mi sembra già partita, per dire che questo rende inutile puntare con forza alla realizzazione di impianti per le energie rinnovabili. Non si possono strumentalizzare ricerche che sono ancora in corso o addirittura in fase di progetto come alternativa alle energie rinnovabili, al risparmio energetico ed alla necessità urgente di un nuovo modello di consumi».

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