[12/12/2006] Comunicati
LIVORNO. Qualche giorno fa è stato presentato alla stampa un appello degli ambientalisti per la costruzione del Partito democratico, che sta raccogliendo già molte adesioni. Abbiamo chiesto a Massimo Serafini, cosa ne pensa di questo percorso.
Da ambientalista storico e da persona radicata nella tradizione comunista di questo paese, cosa ne pensa dell’appello ambientalista firmato ormai da molti della sua area di provenienza?
«Che un´area di persone ambientaliste propenda e provi a dare una connotazione ambientalista al Partito democratico è una cosa apprezzabile, dubito però che quell’operazione sia così permeabile a questi contenuti».
Dove vede i limiti?
«Sia nelle politiche economiche, sia nelle politiche del territorio, l’inseguimento della crescita è sostanzialmente il cemento su cui questo partito opera, pensa, lavora e quindi mal si concilia sia con politiche ambientaliste sul territorio, sia con politiche economiche che prefigurano un cambiamento di paradigma».
Quindi lei non firmerà l’appello?
«No. Io auguro buona fortuna agli ambientalisti che hanno deciso di dedicare le proprie energie al Pd. E’ bene che lo facciamo ma dubito che quel partito sia capace di farsi carico di tutte le conseguenze che una scelta ambientalista comporta.
Io continuo a pensare che non solo serva ricostruire una sinistra capace di riproporre la giustizia sociale e il lavoro ma una sinistra che faccia della questione ambientale il terreno della trasformazione della società. Quindi vedo più uno sforzo in quella direzione senza nascondermi le difficoltà che anche a sinistra del futuro Pd si trovano. Però considero quello il polo fondamentale attraverso il quale elevare il contenuto ambientalista. È quello il soggetto che io credo più contaminabile, anche se gli ambientalisti ovunque collocati, debbono contribuire a far crescere nelle politiche dello schieramento del centrosinistra la cultura ambientalista».
Angelo Bonelli dice che dall’assemblea dei verdi si è aperta una fase costituente che vuole allargare il dibattito a tutte le istanze ambientaliste e che quello potrebbe essere un terreno di confronto.
«Fare il partito verde relega l’ambientalismo in una dimensione di ghetto che non va bene. Il compito è senz’altro far prevalere i contenuti della battaglia ambientalista, i temi che unificano gli ambientalisti in battaglie comuni. Che ci sia trasversalità , che crescano esperienze ma sono convinto che la permeabilità su questi temi a sinistra sia maggiore. Non demonizzo il Pd ma credo che sia un contenitore più difficilmente contaminabile. E guardando i firmatari di quell’appello, mi sembra che vi sia una carta di credito eccessiva rispetto ad un percorso in cui le impronte culturali del futuro Pd, sono radicate su temi che non erano e non sono certo ambientalisti. Un´azione che nasce socialmente morta».
Che intende dire con questa affermazione?
«Che dato che le matrici di riferimento del nuovo Pd sono le stesse che governano attualmente, mi sembra che ci siano posizioni molto radicate sia sui temi sociali che ambientali. Dal punto di vista sociale, l’unico miraggio sembra quello di fare politiche che soddisfino le imprese perché questo redistribuisce ricchezza ai lavoratori e dal punto di vista ambientale non mette in discussione il meccanismo della crescita. Questo non è tanto diverso nella tradizione socialista e comunista ma io ritengo che quella tradizione possa essere molto più permeabile a politiche di sostenibilità sociale e ambientale. Il congresso di Oporto riapre a queste dinamiche, e mi sembra che gli intendimenti dei socialisti europei siano molto più strutturali nella scelta ambientalista.
La cosa che non accetto nel processo di formazione del Pd è il fatto che riassume in se le tradizioni socialiste e comuniste per cancellarle e le porta in questa melassa che non è in grado né sul terreno sociale né su quello ambientale di farsi carico dei temi che sono ormai gli unici a ridare slancio alla giustizia sociale.
L’auspicio è che tutto il nuovo che nasce e il vecchio che rimane si spostino più sulla sostenibilità. Bisogna reinventare un modo di fare lavoro, reddito, giustizia sociale completamente ripensato.
Ma ritengo che il percorso di formazione di questo Pd e le politiche che porta avanti siano distanti anni luce da questo auspicio».