[07/12/2006] Comunicati

Bandoli: Ecco perché non ho firmato il manifesto ambientalista per il Partito democratico

ROMA. Ieri è stato presentato un manifesto-appello di molti ambientalisti del panorama politico e associativo italiano che vogliono impegnarsi nella costruzione del futuro partito democratico mettendo l’ambiente al centro del percorso.
Ma il percorso in atto, che ha tra gli obiettivi quello di aggregare le varie culture dell’ecologia, sta già determinando lacerazioni nel mondo ambientalista storico. Tra chi non ci sta e non è convinta di questo percorso c’è anche Fulvia Bandoli, da sempre è impegnata per far crescere la cultura dell’ecologia all’interno dei Ds, il suo partito di riferimento. L’abbiamo intervistata per farci dire quali sono le sue ragioni e cosa pensa di questo progetto in corso.

Quali sono le ragioni per cui a differenza di altri suoi compagni di strada come ad esempio Fabrizio Vigni, non aderirà a questo processo in corso?
«Il primo elemento oggi al centro della discussione per me che sono di sinistra e che sono una ecologista di sinistra è se in Italia deve scomparire o rimanere una grande componente politica di sinistra che si richiama al socialismo.
Non esiste un socialismo futuro senza l’ecologia, senza la cultura delle differenze di sesso e della libertà femminile, senza la cultura della non violenza e dei diritti civili e che non sappia fare una critica seria alla globalizzazione.
Gli iscritti ai Ds sono di fronte a questo nodo: se fare o no un partito democratico che non ha più un riferimento nel socialismo europeo o se rafforzare in Italia un partito che abbia tra le sue culture l’ambientalismo.
Alcuni dirigenti della Margherita non definiscono il Pd un partita di sinistra. E’ questo è un dato».

Ma quindi la sua posizione critica riguarda più l’appartenenza alla cultura del socialismo europeo, che non il richiamo forte all’ecologia?
«Sì. Non è l’ecologia oggi il tema dirimente sul partito democratico, ma lo è molto di più il primo elemento, ovvero la collocazione nella sinistra. Dopodichè rimane il fatto che in ogni forza politica l’ambientalismo fa fatica a trovare una cittadinanza».

Quindi lei come crede che l’ecologia possa affermarsi nella politica?
«Come ci sono degli ecologisti favorevoli al Pd uscirà una altra posizione politica che dirà non siamo convinti e vogliamo che in Italia esista un partito di sinistra forte. Oggi l’ecologia è riconosciuta ovunque, nel mio partito come in Rifondazione comunista, nella Margherita, nei Verdi e non credo che vi sia tra gli ambientalisti che stanno nei differenti partiti divisione sul fatto che l’ecologia debba essere alla base della politica. Siamo d’accordo tutti: è sul tema della necessità che questi temi sia dentro o meno un partito che si rifà alla tradizione socialista che ci dividiamo. Se poi qualcuno mi dice che nella formazione del Pd vogliono segnare il punto sull’ecologia e che se non ci sarà questa cultura, allora quel progetto non li convince, va bene, ma questo tema secondo me viene in seconda battuta. Bisogna cercare di radicare l’ambientalismo all’interno dei partiti, noi l’abbiamo fatto nei Ds, altri nel loro partito. Io non ho mai scelto i verdi, ma il partito dei Democratici di sinistra. E secondo me un progetto politico del futuro che tenga al centro la cultura dell’ambientalismo ma che non sta dentro al socialismo europeo, va poco avanti e sinceramente mi interessa poco».

Ma sta di fatto però che non emerge da nessuna parte il tema dell’economia ecologica come centrale
«La contraddizione ecologica non è stata ancora pienamente assunta dalle classi di governo, lo si vede dalle politiche economiche. Ma non è scontato che due partiti come i Ds e la Margherita, che hanno faticato molto sull’ecologia, se si mettono insieme questo determini che in quel partito che fondano il tema sia automaticamente più radicato.
Io faccio da 15 anni questa battaglia e non sono certo soddisfatta.
Inoltre le tradizione politiche e di pensiero quali quelle cui si rifà il mio partito, non è possibile scioglierle da un giorno all’altro, così come non è possibile fare una fusione fredda. Non sono affezionata al partito unico e credo che debba continuare ad esistere un grande partito della sinistra all’interno di una coalizione, in cui ci sia un grande partito democratico. E lavorare ognuno all’interno del proprio partito per far radicare l’ambientalismo e per far crescere la cultura ecologista .
Perché o l’ecologia poggia su basi solide o rimane marginale. Porto l’esempio tedesco: quando i temi dell’ambientalismo, sono diventati patrimonio di una grande forza politica, si sono fatte scelte importanti nelle politiche economiche, penso all’energia. E’ vero che in Germania erano forti i Verdi, ma è l’Spd che ha creduto in quelle scelte.
Ci sono poi altri temi che mi stanno a cuore e che non vengono discussi: il tema della laicità dello stato, il tema delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni ad esempio. Insomma noi vediamo oggi che questa fusione fredda, come io definisco il partito democratico, si infrange su alcune questioni che non sono da meno dell’ambiente: dove ci collochiamo in Europa, la laicità dello stato. Non c’è accordo su questo e ci dovrà pur dire qualcosa. Io sono per portare le istanze ambientaliste nella tradizione del socialismo europeo non in un partito democratico che avrebbe solo connotazioni italiane».

Insomma sarebbe meglio guardare più all’Europa per avere dei punti di riferimento interessanti?
«Vedo uno sforzo a livello europeo anche sui temi che mi interessano, nelle forze politiche che si collocano nella tradizione socialista. Vedi la Spagna ad esempio. Nelle altre grandi famiglie politiche non vedo una ricerca feconda che faccia invece i conti con la globalizzazione, con il liberismo e questo sforzo non lo vedo nemmeno nel Pd in costruzione».

E allora quale sarà il suo percorso?
«Io credo che abbiamo un po’ scoperto l’acqua calda : gli ecologisti sono in tutte le ipotesi politiche, e non credo che debbano riunirsi per forza sotto un´unica bandiera per contare di più. Io continuerò a lavorare perché esista un grande partito di sinistra all’interno una coalizione e perché si riescano a trovare trasversalmente a tutti gli ecologisti , elementi di continuità per rafforzare la cultura ambientalista e per trovare momenti in cui fare battaglie unitarie, perché questa cultura si radichi e perché divenga il motore di scelte politiche ed economiche.
In tutto il centrosinistra, da Rifondazione comunista all’Udeur».

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