[07/12/2006] Urbanistica

Urbanistica. Ma non siamo ancora alla svendita della Toscana

PISA. Vorrei riprendere alcuni aspetti posti da Ferruzza riguardo il caos della normativa urbanistica e i suoi effetti non soltanto in Toscana. Non v’è dubbio che la vicenda toscana rimane al centro di questa riflessione sebbene permangano nel dibattito singolari omissioni e silenzi.

Un rilievo importante anche nell’intervento di Ferruzza ha assunto –specie dinanzi alle forti pressioni edilizie - la responsabilità che in forza della riforma del titolo V ma anche di altri strumenti quali la Convenzione sul paesaggio, sono andati via via assumendo i comuni. D’altronde fin dalle prime battute di questo dibattito sotto accusa sono finiti i sindaci e la regione per avergli dato troppo spago.

Per qualcuno – vedi per tutti Emiliani - la cura è semplice; basta ridurre questo potere visto che il paesaggio non appartiene certo ai comuni.
Questa critica o meglio questo plateale voto di sfiducia nei confronti dei comuni si accompagna - vedi anche Ferruzza - ad una constatazione e cioè che i comuni sarebbero indotti in brutta tentazione dagli oneri di urbanizzazione che alimenterebbero questa spirale infernale. A parte il fatto che questo tipo di patto scellerato di dilapidazione di un patrimonio irripetibile per un piatto di lenticchie (in rapporto al danno si tratta effettivamente di lenticchie) non è detto debba essere prerogativa esclusiva dei sindaci e dei comuni.

La vicenda pluridecennale dei vandali in Italia ci dice incontestabilmente che i mercanti del tempio non debbono essere ricercati soltanto a Montichiello e dintorni. Ma questa accusa oltre che ingiusta (il che non significa che la gestione dei comuni sia impeccabile e al di sopra di ogni sospetto) prova troppo. Davvero in una regione come la Toscana dove il paesaggio insieme al restante patrimonio ambientale è risorsa – diciamo pure capitale - fondamentale per il suo turismo di qualità ma anche per attività economico sociali di prim’ordine come una certa agricoltura e dove facendo leva proprio su questo preziosissimo patrimonio si sono istituite da più decenni importanti e prestigiosi parchi regionali prima e poi nazionali ed anche aree protette locali, siamo ormai alla messa in svendita? Davvero i comuni moltissimi dei quali sono da anni all’interno dei parchi altro non aspettano che ‘svendere’ per far cassa con gli oneri di urbanizzazione?

Detto questo resta naturalmente il problema del rapporto che deve stabilirsi in base alla sussidiarietà e al fatto che nessun patrimonio ambientale appartiene ad un ‘solo’ soggetto istituzionale perché tutti costituiscono la Repubblica.

Qui forse non è inopportuno richiamare quanto dice la Convenzione sul paesaggio che viene così definito; ‘un’area, come percepita dalla popolazione, il cui carattere è il risultato dell’azione dell’interazione tra fattori naturali e/o umani’ la percezione degli abitanti assume importanza di tutto rilievo, accanto alle interrelazioni tra fattori naturali e antropici. Ho ripreso questa citazione da un documento recente della Regione Liguria in cui ai parchi è dedicato un ampio e significativo spazio. Per essere ancora più chiari possiamo richiamare quanto è stato efficacemente scritto recentemente in manuale di diritto costituzionale: ‘nello Stato Costituzionale, gli enti territoriali sono enti esponenziali di collettività umane definibili in base alla loro dislocazione sul territorio, per cui le modalità di ripartizione delle funzioni fra di essi corrispondono ad altrettante prospettazioni della convivenza’.

Non c’è insomma da buttare nessuno dalla torre tra i diversi livelli istituzionali tutti parimenti abilitati dalla Costituzione a interagire e - come ha detto Claudio Martini alla Festa della Geografia – evitare se sorgono problemi di spostare a Roma la questione o ricorrere al Tribunale amministrativo. Il contenzioso costituzionale sta già ingolfando tutti motori è bene non mettere altra legna sul fuoco e il solo modo per riuscirci a far funzionare le sedi di quella ‘leale collaborazione’ che resta troppo spesso mera chiacchera. Ma i fini di questa collaborazione che non implica alcuna esclusione o ripristino di vecchie e rovinose gerarchie va anche chiarito – e finora stranamente non è avvenuto - che questa cooperazione pianificatoria e di tutela del paesaggio deve poter contare - per rispondere anche a quei principi di ‘adeguatezza’ previsti dalla legge e che sono anch’essi un aspetto importantissimo e complementare della ‘sussidiarietà.

In parole povere alle pianificazioni che seguono i livelli istituzionali e i loro confini amministrativi si accompagnano quelle ‘speciali’ che seguono confini di tipo ambientale diversi quindi da quelli amministrativi; parchi, bacini idrici etc che consentono ai livelli più bassi – comuni in primis- di farsi valere in una dimensione più ampia e ai livelli superiori di far planare –diciamo così- i loro progetti e programmi in dimensioni ambientalmente trainanti e concretamente definite oggi anche di valenza comunitaria.

Ed è questo che finora e mancato o ha fatto appena appena capolino.
A Pisa ne parleremo il 16 gennaio, per iniziativa del Centro studi Valerio Giacomini del Parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, al convegno in cui gli assessori regionali, l’Anci, l’Urpt, i parchi ed altri soggetti e personalità saranno chiamati ad un confronto proprio sul tema del ruolo delle aree protette nella pianificazione e gestione del territorio e del paesaggioma. Ma sarebbe bene non dover aspettare quel convegno per discutere sia del Pit che del Praa.

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