[05/12/2006] Comunicati

Vigni: per un partito democratico, ecologista e sostenibile

LIVORNO. Il tema della sostenibilità chiede ormai di essere affrontato con una visione e un approccio che sia alternativo agli schemi classici che possono essere ricondotti a quelli riformisti, antagonisti o radicali. Le sfide che abbiamo di fronte, conseguenze dell´attuale modello economico improntate sulla crescita e sul consumo di risorse, richiede di fare un passo in avanti verso la costruzione di un modello finalmente diverso e autonomo, in grado di condizionare la politica.
A dirlo non sono più ambientalisti radicali, ma ormai anche economisti e consiglieri economici di governi.

Da quanto emerge sul dibattito del nascente partito democratico in Italia, non sembra invece che questi temi stiano alla base della elaborazione politica del nuovo progetto. E come purtroppo spesso accade, ed è accaduto nella storia della sinistra italiana dove ogni tentativo di progetto in avanti si è lasciato indietro pezzi anche significativi, anche in questo caso sembrano emergere più lacerazioni e suddivisioni che aggregazioni attorno ad una nuova idea di futuro.

Abbiamo intervistato su questi temi Fabrizio Vigni, portavoce della Sinistra ecologista e storico rappresentante degli ambientalisti nei Ds, che ha scelto e dichiarato, a differenza di altri suoi compagni di strada e di partito, di aderire fin da subito alla costruzione del partito democratico.

Può esistere un nuovo progetto di sinistra oggi che non tenga conto della sostenibilità? E se la sostenibilità non trova cittadinanza in un progetto di sinistra, come potrà essere possibile parlare di progetto per il futuro?
«Non può esistere una sinistra nel XXI secolo che non abbia nel suo Dna la cultura ecologista. E’ letteralmente impensabile. Un guaio del nostro tempo è che la politica è affetta dalla tendenza ad avere uno sguardo corto, ma se si alza questo sguardo si vede che sempre più nei prossimi anni e nei prossimi decenni i temi ambientali saranno importanti per costruire un futuro. I cambiamenti climatici in corso, la fine delle fonti fossili, lo sviluppo impetuoso di Cina e India sono ormai la realtà con cui dobbiamo fare i conti. O si trova il modo di limitare lo sperpero delle risorse, di ritrovare i canoni della eguaglianza sociale, oppure non si va da nessuna parte. Se il dibattito sul futuro della sinistra non si misura con questi temi, è destinato a fallire».

Ma il tema sembra molto declinato e poco praticato però.
«E’ vero, ormai si può dire che tutta la sinistra si muove da questa parte: Blair, Al Gore, Segolene Rojal, Zapatero. Ma c’è un divario tra la declinazione di questi temi e le politiche messe in atto. Nel secolo scorso ci siamo trovati ad affrontare la sfida di regolare il mercato per garantire diritti sociali e redistribuzione del reddito: da lì è nato lo Stato sociale. In questo secolo una delle sfide più grandi sarà orientare l’economia verso forme di sviluppo ecologicamente sostenibili. E’ una sfida che indica la necessità di un riformismo nuovo su scala globale. Non sarà il mercato, da solo, a risolvere i problemi. Il neoliberismo si è dimostrato una ideologia rozza e devastante. Deve tornare in campo la politica. La grande politica. Con una nuova idea della modernità. Non è moderna – non può più esserlo – l’idea di una crescita quantitativa illimitata. Moderno è uno sviluppo che rispetta la natura. Moderna è l’idea di cominciare a sostituire al PIL, termometro alquanto rozzo, indicatori più completi ed intelligenti dello sviluppo umano e del benessere».

Crede che il partito democratico possa essere il progetto giusto dove sviluppare questi temi e realizzare questi obiettivi?
«Io sono favorevole al partito democratico ma penso che la discussione vada rimessa sui binari giusti ovvero: primo, deve essere un progetto che guarda al futuro non la somma o l’incontro di identità che vengono dal secolo scorso, ma un progetto nuovo che a partire dai temi della sostenibilità si misuri con le sfide del nuovo secolo. Secondo:, bisogna pensare al Pd non solo come somma di Ds e Margherita ma a un campo di forze molto più largo. Sono affezionato all’ulivo largo, che si è composto dieci anni fa e che poi si è ridimensionato. Un progetto che vada oltre a una distinzione nominalistica che va da riformismi a radicali, se non è radicale oggi non si può parlare di riformismo.
Quindi un progetto che tenga dentro anche le sensibilità più radicali, non deve essere la somma dell’esistente, ma deve aprire porte e finestre. Questo significa che bisogna correggere la rotta, e rivedere il modo in cui sta avvenendo la discussione».

Per dirla con le parole che ha usato Ruffolo in una intervista a greenreport “non si può ridisegnare un nuovo progetto per il futuro usando le vecchie carte geografiche dei confini dei partiti, bisognerebbe capire quali sono le tendenze che abbiamo di fronte, decidere quali accogliere, e quali rifiutare e avere gli strumenti e le risposte per definirne di nuove”. Quindi bisognerebbe innanzitutto partire dai temi, non crede?
«Sì è vero, se si parte dai contenitori si rischia una fusione fredda e dobbiamo evitare di avere ulteriori lacerazioni. Questa è una delle maledizioni ricorrenti della sinistra italiana. Ma c’è ancora tempo e modo di farlo, e io credo che se si fa il partito democratico, lo si deve fare bene. Altrimenti rischiamo solo di farci del male. Dobbiamo quindi provare a rimettere il percorso su binari giusti. Il documento che presenteremo domani a Roma promosso da vari esponenti ambientalisti della Margherita, dei Ds, dell’associazionismo, e di cui i primi firmatari, oltre a me sono Della Seta, Ferrante, Gentili, Mattioli, Realacci, Ronchi e Scalia, indica l’ambiente come frontiera per il Pd, e chiede che la cultura ecologista sia tra i principi fondativi e dove deve battere il cuore del nuovo progetto politico».

E’ anche un tentativo di ricompattare divisioni che ci sono già, o ha come obiettivo quello di raccogliere altre istanze?
«Lo scopo del documento è unire e non dividere e io sono tra quelli che si adopereranno per allargare unità nel centro sinistra. Nulla è compromesso e bisogna fare tutto il possibile perché non ci siano divisioni e che laddove queste esistono si ricompattino. Non mi nascondo che ci sono opinioni diverse tra ambientalisti nel centro sinistra e nei Ds».

E la sinistra ecologista come si collocherà in questo percorso?
«Riguardo alla Sinistra ecologista voglio precisare che è una associazione aperta anche ai non iscritti ai Ds. E’ autonoma ed è la casa di tutti gli ambientalisti che fanno riferimento al principale partito della sinistra e continueremo a lavorare tutti insieme al di là delle scelte congressuali che ognuno farà».

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