[01/12/2006] Consumo

La riconversione ecologica e la battaglia del Reach

LIVORNO. Reach è il nuovo regolamento comunitario che deve instaurare un regime di registrazione, controllo dei rischi e autorizzazione per 30mila sostanze chimiche utilizzate nei prodotti di consumo. A Bruxelles se ne parla ormai da più di tre anni ma la percentuale di italiani (e anche di europei) consapevoli di cosa sia il Reach è pressoché insignificante. Eppure dovremmo esserne interessati. L’assunto di base attorno al quale è stata elaborata la relazione al parlamento europeo da parte di un deputato italiano ( e toscano), Guido Sacconi, è fin troppo elementare per non essere accettata da tutti: il Reach dovrebbe portare alla sostituzione obbligatoria di una sostanza chimica pericolosa quando ne esiste una alternativa più sicura per la salute umana. E’ il cosiddetto principio di sostituzione, che detta così sembrerebbe la cosa più ovvia del mondo. Eppure da 3 anni e mezzo assistiamo a un tira e molla più o meno gestito dalle lobbies industriali che puntano ad ottenere un approccio più leggero, un adeguamento del piano di sostituzione delle sostanze più pericolose, a piccoli passi, anno dopo anno.

Ora torniamo ad immedesimarci in un cittadino al quale in quest’istante gli venga detto: «quell’oggetto che ha in mano contiene sostanze che la scienza ha già dimostrato essere tossiche»: ci sono le persistenti e le bioaccumulative sigla Pbt, (ci sono poi quelle molto persistenti e molto bioaccumulative inserite nella categoria vPvB) ma ci sono anche quelle delle del gruppo Cmr (cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione). Ebbene il cittadino getterà lontano da sé l’oggetto e si chiederà «Ma se è scientificamente provato che per farlo si è usata una sostanza tossica per la mia salute, perché l’hanno fatto?» e ancora più stupito se lo chiederà qualche mese o anno dopo quando scoprirà che quella stessa sostanza cancerogena continua ad essere utilizzata per fare lo stesso oggetto.

Le considerazioni del nostro cittadino sarebbero naturali ma sono utopiche. Non solo perché l’industria chimica deve poter continuare a produrre ma anche perchè, spesso, una sostanza è pericolosa secondo l´uso che se ne fa. Come ci ha già detto Sacconi con un esempio, l´inchiostro contenuto in una penna non è pericoloso se ci si scrive ma può esserlo se un bambino lo ingerisce. E dunque la questione di un uso mirato dei prodotti contenenti sostanze pericolose non è affatto secondaria. Fermo rimanendo che se si trovasse il modo di produrre inchiostri a prova di bimbo sarebbero sicuramente meglio. Ma la casistica presenta anche situazioni dove la sostituzione di un prodotto pericoloso con uno più sicuro è impedita solo dai costi e/o dalla massimizzazione dei profitti. O perché, più in generale, vi è la tendenza a sacrificare la vita all’economia. Non a caso l’economista Wim Dierckxsens ieri alla facoltà di Economia di Brescia ha spiegato invece che l’obiettivo deve essere quello di mettere l’economia al servizio della vita.

Non è un obiettivo utopico anche se la riconversione ecologica dell’economia non si produrrà mai con un click dell’interruttore o con una bacchetta magica: ci vuole la consapevolezza prima di tutto (e quanti siamo nel mondo consapevoli per esempio dell’importanza del regolamento Reach?), ci vuole la volontà (ovvero la discussione alimentata dalla consapevolezza) e poi ci vuole la buona politica, che sappia gestire e governare il conflitto per arrivare a produrre fatti attraverso due “parolacce”, come mediazione e compromesso. Esattamente come stanno facendo i politici “illuminati” europei contro i colleghi vessati dalle lobbies industriali. Che pure, tra le loro ragioni, non hanno hanno solo quelle economiche, ma anche occupazionali.

Oltre alla necessità di sviluppare ed allargare le nicchie di consumo etico e responsabile c´è quindi la necessità di conquistare la produzione responsabile, e purtoppo per conquistarla non si possono che fare pochi passi alla volta. Come al solito controcorrente, mentre la cosmesi galoppa, utilizzando spesso sostanze tossiche, addirittura talvolta tossiche e naturali come il botulino che ti risucchia via le pesche sotto gli occhi e forse anche qualcos’altro.

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