[30/11/2006] Energia

Rigassificatori: dove è finita la cabina di regia?

LIVORNO. Oggi scadono i termini per licenziare i progetti dei rigassificatori previsti in giro per l’Italia sulla base di istruttorie tecniche e di procedure di valutazione dell’impatto ambientale, e per questo il 30 agosto era stata istituita, su richiesta dei ministri per lo sviluppo e dell’ambiente, presente il premier Romano Prodi, la famosa cabina di regia che avrebbe dovuto sciogliere tutti i nodi e le perplessità.

Bersani puntava a procedure accelerate, «per mettere la penisola in condizione di avere, entro il 2009, i rigassificatori e di potenziare entro la stessa data i gasdotti esistenti». Intanto sono stati firmati accordi con la russa Gazprom e con l’Algeria, poi c’è il gasdotto Italia-Grecia, così nella rete nazionale dovrebbero arrivare altri 20 miliardi di metri cubi di metano.

Ma per Legambiente «sui nuovi impianti di rigassificazione invece, non vi è stato alcun progresso e confronto, e non sono state compiute le scelte sui siti. Persino a Livorno dove l’impianto sarebbe autorizzato sono subentrati dubbi sull’effettiva fattibilità tecnica del progetto. Per Rosignano l’istruttoria è addirittura sospesa per la quantità importante d’integrazioni richieste dalla regione Toscana».

E dalle altre parti non va certo meglio: il rigassificatore di Brindisi è già autorizzato, ma il Governo pare intenzionato a rivederlo, tenendo conto della contrarietà di enti locali e cittadini; per Augusta e Taranto siamo ancora alla fase istruttoria della commissione Via; per Gioia Tauro e i due rigassificatori di Trieste si attendono le integrazioni chieste dalla Commissione; a Porto Empedocle manca il parere obbligatori per le opere portuali connesse.

E allora, si chiedono Roberto della Seta, presidente di Legambiente e Francesco Ferrante, direttore generale dell’associazione ( e senatore dell’Ulivo) «che fine ha fatto la cabina di regia nominata lo scorso fine agosto per pianificare la realizzazione dei rigassificatori?». E ricordano che «le proposte di rigassificatori riguardano aree delicate come quelle costiere e spesso interessano contesti portuali e industriali che da anni attendono interventi di bonifica e messa in sicurezza. Per questo non è accettabile continuare in una prospettiva in cui siano aziende private a decidere quanti progetti realizzare e a scegliere in completa autonomia la localizzazione al di fuori di una politica ambientale e energetica».

Ma per Legambiente «la realizzazione in Italia di alcuni impianti di rigassificazione è però una scelta necessaria per diversificare e rendere più sicuri gli approvvigionamenti di gas, e dunque per affermare il ruolo del metano, la meno inquinante e climalterante tra le fonte fossili, come energia fossile preferenziale nella transizione verso un sistema energetico sostenibile».

«Quel che si è reso evidente in questi anni – dice Francesco Ferrante - è che la procedura di Valutazione di impatto ambientale, come modificata dal governo Berlusconi, è del tutto inutile a governare questo processo, perché riguarda esclusivamente l’impatto dell’impianto e non le relazioni complessive con il contesto in cui si andranno a realizzare. Proprio perché la realizzazione degli interventi trova ostilità e preoccupazione da parte dei cittadini, la risposta non può essere nelle compensazioni economiche ai territori interessati. La questione più delicata riguarda infatti l’inserimento ambientale e territoriale degli interventi in contesti complessi. Per questo c’è bisogno di legare i progetti a interventi di qualificazione e riqualificazione ambientale (bonifica di terreni e recupero ambientale di aree, ecc.), di valorizzazione e integrazione territoriale (per esempio legandola al ciclo del freddo), vincolando risorse secondo parametri minimi come avviene per altri tipi di intervento».
Decisioni che vanno prese in maniera trasparente e condivisa.

«I conflitti e le sindromi Nimby intorno ai progetti non si risolvono con scorciatoie procedurali e forzature nei confronti degli enti locali – spiega il senatore - Qui c’è una questione culturale che evidenzia la distanza tra l’Europa e l’Italia nella realizzazione degli interventi pubblici. Perché con questi problemi fanno i conti da decenni tutti i Paesi europei, che però hanno compreso che l’unica soluzione può essere nel rendere il più trasparente, informato e partecipato possibile il processo decisionale».

Legambiente suggerisce come modello quello del “debat public” francese per tutte le opere di interesse nazionale: discussione preliminare sui progetti gestita da commissari super partes e con tutti i soggetti interessati; dibattito su finalità e contenuti tecnici del progetto, scelte ed esigenze fondamentali, opere di compensazione ambientale; informazioni inserite nel sito internet della “Commissione nazionale di dibattito pubblico” e trasparenza in tutte le fasi della procedura di confronto.

Così la decisione finale è frutto di un confronto che deve rispondere alle sollecitazioni dei proponenti ed alle preoccupazioni dei cittadini.

«Per Legambiente nelle scelte che riguardano i rigassificatori – conclude Della Seta - vi è l’opportunità di segnare una discontinuità di metodo rispetto al passato, attraverso una procedura trasparente e efficiente, che in tempi stabiliti porti a selezionare i progetti prioritari. Un percorso che dovrebbe passare attraverso la selezione di un primo programma di interventi con un orizzonte di legislatura e da sottoporre a valutazione ambientale strategica come prevede la procedura europea, che inquadri i progetti dentro una politica energetica e ambientale nazionale. Fissando i termini per una valutazione e approvazione secondo contenuti e forme di confronto che aiutino a superare problemi e conflitti nei territori».

Torna all'archivio