[29/11/2006] Rifiuti

Sulla spazzatura elettronica, Cina troppo vicina

LIVORNO. Cresce la quantità di rifiuti speciali (pericolosi e non compresi gli inerti da demolizione) di cui viene stimata la produzione ma di cui per gran parte non se ne conosce, formalmente, il destino: si tratta di 18,8 milioni di tonnellate di rifiuti scomparsi.

Ma operazioni come quella in corso ad opera del Noe dei Carabinieri di Genova che sta interessando, oltre alla Liguria, anche Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, aiutano a capire "le vie della scomparsa".

Non solo i trasferimenti legali verso la Germania o altri pesi del nord Europa, strutturalmente dotati per il loro smaltimento, non solo i traffici legali e illegali con le regioni del mezzogiorno d’Italia o del sud del mondo, ma ormai da qualche tempo la rotta Italia-Cina è diventata la principale via di smaltimento dei Raee (rifiuti da apparecchiature lettriche ed elettroniche) che sono catalogati come pericolosi, e che salpando dai nostri porti, approdano in Cina appunto.

La Cina è diventata infatti in pochi anni il cimitero mondiale dell’hi-tech, dove gli scarti tecnologici dall’Europa e dagli Usa vengono smontati e tradotti in materie prime da una manodopera locale, che opera senza alcuna tutela sanitaria e ambientale. Un giro d’affari impressionante: le ultime stime dell’Unione europea parlano di 11 milioni di tonnellate annue di tecno-spazzatura da smaltire.

«Il traffico internazionale dei rifiuti nel nostro Paese è ormai diventato un business dai profitti così ingenti, che la Commissione parlamentare sui rifiuti lo ha paragonato alle tradizionali fonti di arricchimento mafioso, come il traffico di stupefacenti» ha dichiarato Legambiente.

In soli cinque mesi, da ottobre 2005 a marzo 2006, nei porti italiani sono stati sequestrati ben 270 container diretti prevalentemente in Cina, che contenevano circa 4.600 tonnellate di rifiuti industriali, tra scarti di lavorazione delle plastiche, rottami metallici e rifiuti elettrici ed elettronici per un valore stimato di 2,7milioni di Euro.

Un fenomeno che purtroppo non riguarda solo il nostro paese, dato che, come si legge nel Rapporto ecomafie 2006 di Legambiente, il trucco dei rifiuti speciali “camuffati” come materiale da avviare, formalmente, ad attività di riciclaggio. E´ stato utilizzato anche da società inglesi che trafficavano rifiuti verso la Cina attraverso il porto di Rotterdam (oltre 1.000 le tonnellate sequestrate in una sola operazione). Commentando l’inchiesta, un portavoce del governo olandese non ha usato mezzi termini: «Crediamo che questa sia soltanto la punta dell’iceberg di uno scandalo a livello europeo», che vedrebbe diverse società operare in “network” per abbattere i costi. Non di smaltimento, in questo caso. Bensì di trattamento e di recupero, come vuole la direttiva europea sui RAEE e la conseguente legislazione (non ancora attivata) italiana.

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