[29/11/2006] Urbanistica

Pit, Praa e la totale incomunicabilità

PISA. Il dibattito di questi mesi in Toscana su urbanistica, paesaggio, pianificazione, tra i non moltissimi meriti e i troppi silenzi e omissis ha avuto senz’altro quello di costringere innanzitutto la regione ma anche i comuni e le province non senza ritardi a dire la loro in maniera meno elusiva e improvvisata. Lo hanno fatto con il Pit, un corposo documento di quasi cento pagine dopo un ben più ponderoso documento (il Praa, vedremo tra poco perché è opportuno ricordarlo) anch’esso sfornato dalla regione. Entrambi i documenti sono in fase di consultazione.

Va ricordato perché il Pit ignora totalmente il Praa che se non altro ha il merito di offrirci una mappa piuttosto aggiornata e documentata delle criticità ambientali della nostra regione di alcune delle quali si è discusso non sempre al meglio e lucidamente anche questa estate.

Ma le ragioni di questa singolare incomunicabilità da separati in casa si possono cogliere facilmente fin dalle prime battute di un documento che Edoardo Salzano sul sito Eddyburg ha definito un piano di chiacchiere. Non avendo ancora letto il Pit avevo attribuito il pesante e liquidatorio giudizio del noto urbanista ad una forzatura polemica di cui però ho dovuto purtroppo ricredermi.
Già nelle prime pagine ci imbattiamo infatti in questa sorprendente affermazione e cioè che il Pit «non è un mero adeguamento alla normazione sul governo del territorio (legge 1/2005). Il nuovo Pit è invece un atto di pianificazione totalmente nuovo, tanto ambizioso quanto necessario».

Qui come nei gialli che si rispettano bisogna fare un passo indietro e risalire a quella legge sul governo del territorio che come attestano le date è quanto mai recente e fu approvata dopo una discussione non priva di asprezze e riserve proprio su alcuni aspetti riguardanti quella pianificazione che ora il Pit intende così profondamente innovare.

Per chi l’avesse dimenticato – e per la verità stando al recente dibattito sulla Val d’Orcia sembrano numerosi - quella legge fu apertamente e duramente criticata proprio per avere puntato tutto su una pianificazione a carattere prevalentemente urbanistico cancellando – almeno nella prima stesura - quelle pianificazioni di tipo ‘speciale’ quali quelle riguardanti i parchi e le aree protette che in toscana non sono poca cosa.

Quel testo praticamente liquidava di fatto i parchi regionali restituendo le aree contigue ai comuni e fu sicuramente una fortuna essere allora riusciti a salvare il salvabile ma non tutto quello che era necessario, tanto più nel momento in cui non era davvero il caso che fosse proprio la Toscana a dare una mano a Matteoli a smantellare e sbeffeggiare le aree protette.

Ora il Pit vuole rivedere e non meramente adeguare questa legge fresca di approvazione alle nuove esigenze. Detto così si potrebbe pensare che dopo le esitazioni di allora e alla luce delle polemiche sugli ‘ecomostri’ che hanno riguardato anche aree protette, sia pure fantasma come nel caso più chiacchierato di Montichiello, si voglia restituire alle pianificazioni ‘speciali’ in primis ai parchi e alle aree protette ma anche ai bacini, quella funzione che la legge 1/2005 e soprattutto nel caso della 183 i decreti delegati del passato governo hanno penalizzato e comunque non di certo privilegiato.
Insomma un maggiore e più chiaro equilibrio tra i due momenti per poter intervenire sul territorio sia nel solco dei confini amministrativi; regionali, provinciali e comunali nel rispetto della sussidiarietà ma anche secondo livelli di maggiore ‘adeguatezza’ che travalicano quei confini per agire più efficacemente su quelle tematiche che ‘sconfinano’ come avviene appunto nel caso dei parchi e dei bacini idrografici.

Solo così, in questa stretta connessione ed equilibrio tra pianificazione ordinaria e specialità si può puntare al superamento di quei localismi che spesso sono terreno ideale di coltura per scelte inidonee a raccordarsi in quel governo del territorio ( che non a caso è il titolo della legge del 2005) che deve investire l’ambito regionale senza incappare in quei settorialismi che mortificano qualsiasi seria pianificazione d’insieme.

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