[28/11/2006] Parchi

Le specie di montagna si spostano in alta quota per sfuggire al riscaldamento globale

LIVORNO. Le specie di montagna sono costrette a spostarsi a quote più alte, i ghiacciai si sciolgono ad una velocità allarmante e minacciano così la metà delle riserve di acqua dolce del pianeta che si presumevano eterne. Le zone montuose sono rapidamente diventate un ecosistema a rischio globale.

Le montagne coprono il 20% della superficie terrestre del pianeta e gli habitat montani, spesso delicatissimi, isolati e con molti endemismi e rarità, sono tra quelli più minacciati dai cambiamenti climatici. Per aiutarli a sopravvivere, 40 esperti di ecosistemi montani della Commissione aree protette dell’Unione mondiale per la natura (Iucn) propongono “la connettività di montagna”.

«La connettività è necessaria come meccanismo di difesa contro il cambiamento climatico - dice David Sheppard, capo del Programma mondiale delle aree protette dell’Iucn - Permette di proteggere le fonti di acqua dolce, assicura la sopravvivenza della vita dei boschi e può preservare altri meccanismi naturali dai quali dipendono le comunità che vivono in montagna»

« Le montagne sono gli ecosistemi più minacciati dai cambiamenti climatici – spiega Fausto Sarmiento, vicepresidente della Commissione mondiale delle aree protette (Cmap) - Bioma di montagna – A causa del riscaldamento globale le specie che vivono in montagna sono costrette a muoversi verso altitudini maggiori, i ghiacciai spariscono ad una velocità allarmante e le sorgenti sono diminuite drasticamente».

Anche se i parchi in tutto il mondo cercano di mantenere gli habitat di montagna, le loro azioni si stanno dimostrando insufficienti a proteggere specie che richiedono spesso grandi estensioni e che migrano stagionalmente da ambienti più elevati a quelli più bassi. Per questo i ricercatori dell’Iucn hanno firmato in Equador la dichiarazione di Papallacta che chiede alle comunità, ai governi, alle Ong, al settore privato, ai gruppi religiosi, alle università ed ai centri di ricerca di intraprendere azioni coordinate per promuovere la connettività nelle aree di montagna, cioè per creare tra queste zone corridoi biologici e scambi che consentano alle popolazioni animali e vegetali di sopravvivere.

«Bisogna pensare in grande per assicurare il futuro della biodiversità – dice Graeme Worboys, vicepresidente de la Cmap - Restaurare e proteggere gli habitat vincolati dalle aree protette è una maniera per incrementare fortemente la possibilità delle specie di muoversi ed adattarsi al cambiamento climatico». Ma anche gli esseri umani dipendono dalle zone montane: per la Fao, l’organizzazione dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione, stima che almeno 770 milione di persone, il 12% della popolazione mondiale, vive in montagna.

«Gli ecosistemi agricoli montani sostengono milioni di piccoli agricoltori che vivono in maggioranza in piccole comunità marginali - spiega Lawrence Hamilton, consigliere Cmap – circa la metà delle quali mostrano segni di degrado ambientale serio, risultato della deforestazione, del sovrapascolo e di pratiche agricole nocive».

La dichiarazione di Papallacta è stata presentata al sottosegretario al capitale naturale del ministero dell’ambiente equadoregno, Alfredo Carrasco ed il lavoro realizzato dai 40 ricercatori verrà pubblicato nel 2008.

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