[23/11/2006] Consumo

Consumi contromano nell’ora di punta

LIVORNO. Consumatori. Lo siamo tutti. E siamo tutti attualmente, consumatori pessimisti (secondo il Tirreno di oggi, che riprende un’indagine di Confcommercio). Ma siamo anche consumatori fedeli, soprattutto le famiglie (spiega Italia Oggi commentando un’indagine Ac Nielsen) mentre nella stessa pagina annuncia anche che ora gli italiani sono disposti a pagare di più per avere prodotti biologici (dati Life-Gate). Anzi, siamo addirittura consumatori fiduciosi per il futuro, più della media degli altri Paesi europei (ancora Italia Oggi, ma questa volta la fonte è quella dei dati Isae e siamo una decina di pagine più in là).

Però sul Manifesto il Censis disegna la fotografia di un’Italia dove i consumatori sono pessimisti e prudenti, con Il Giornale che dall’altra parte della barricata (politica) rincara l’emergenza dettata dal Censis titolando addirittura in prima pagina “L’Italia ha paura e non spende un euro”, salvo poi gridare a tutta pagina, alla 17, “Tutti pazzi per le cittadelle del risparmio” che significa non solo discount ma soprattutto outlet della moda.

Indagini lette e interpretate secondo l’ottica del momento e della pagina, ma sempre con in mano il faro del Pil a guidare ogni ragionamento. Appena ieri la notizia era invece la mania dello shopping compulsivo, una vera e propria malattia, si diceva, da curare con tanto di psicanalisi. E ancora, solo qualche giorno prima, l’obesità che minaccia i Paesi occidentali. Ogni giorno insomma un allarme piegato secondo il caso. Ma ogni giorno sempre la corsa sfrenata a far consumare di più, con l’industria che si ingegna a innovare giusto per vendere di più (innovazione di prodotto) e non per inquinare meno (innovazione di processo).

Oppure “innovazione frugale”, come scrive il francese Francois Schneider sulle orme della decrescita di Latouche, declinando la sua frugalità tecnologica in 4 punti. Innovazione frugale è rifiutare le tecnologie che non possono essere riformate, ridurre altre, mettere dei limiti ad altre ancora, e infine sviluppare alternative.

Ma al di là della tecnica usata, resta l’obiettivo di uno sviluppo più sostenibile, ben sapendo che, come ricorda Marinella Correggia in quelle ultime e seminascoste 3 colonnine della terza di copertina del Manifesto, «consumando meno e dunque producendo meno, si dovrà ridurre e ridistribuire il tempo di lavoro remunerato». Ovvero più tempo libero a disposizione per ognuno di noi, che magari qualcuno potrebbe utilizzare per autoprodurre beni invece di comprarli.

Salvo poi ritrovarsi pericolosamente soli, contromano su una strada a senso unico nell’ora di punta del rientro a casa dopo aver passato un pomeriggio all´outlet o al centro commerciale.

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