[03/02/2006] Comunicati

«La Cgil non ignora il nesso fra ambiente e lavoro»

FIRENZE. «La verità è che ormai l’ambiente non è più un ospite negli appuntamenti della Cgil». Marcello Buiatti (nella foto), docente universitario di genetica e presidente nazionale di «Ambiente e lavoro», è l’autore dell’intervento al congresso regionale della Cgil toscana in corso a Viareggio a nome delle associazioni ambientaliste (Alt e Legambiente) che hanno prodotto un documento di contributo al congresso. A lui abbiamo chiesto il contenuto dell’intervento e le reazioni giunte dalla Cgil.

«Nel mio intervento – spiega Buiatti - ho posto posto l’accento sulla filiera lavoro-conoscenza, facendo una distinzione sull’utilità dei diversi lavori, in particolare nel raffronto fra lavoro stabile e lavoro flessibile. Ma in generale ho riaffermato il concetto secondo il quale se vogliamo rilanciare lo sviluppo in Toscana, bisogna partire dalle potenzialità che abbiamo. E che sono: acqua, aria, terra, energia ed esseri umani. Risorse da utilizzare al meglio, senza necessariamente far ricorso alla produzione di nuove quantità di energia, ad esempio, aumentando l’efficienza. Ciò significa controllo pubblico, risparmio energetico e sostenibilità: insomma, diminuire lo spreco. Ciò significa meno fertilizzanti e meno chimica sul terreno, meno inquinamento dell’acqua e dell’aria. E poi un’altra risorsa fissa che abbiamo, nella nostra Toscana, e che deriva dal paesaggio»

E per quanto riguarda la risorsa umana, che cosa si intende per uso sostenibile?
«Portare avanti, innanzitutto, una serie di azioni sul piano del lavoro e della riduzione del precariato. Che cosa significa, alla resa dei conti, flessiblità? Significa che uno fa lavori diversi in diverse ore del giorno. Significa che uno non impara più a lavorare lavorando: la risorsa umana è tale se la si fa essere risorsa. Se invece la si usa per fare qualcosa roba di bassa qualità non solo non la si tratta da risorsa, ma precludiamo al nostro territorio la possibilità di competere, visto che non potremo mai competere con molti paesi sul piano del costo del lavoro».

Allora su che cosa può puntare la Toscana?
«Sull’uso sostenibile delle risorse, come ho detto. Per fare tutto ciò è necessario aumentare il livello di innovazione e di invenzione, il livello di contenuto e di conoscenza dei prodotti, aggregare piccole e piccolissime imprese in progetti di ricerca e sviluppo, trovare linee per creare una rete incentivata anche dalla Regione per innalzare qualità e competitività. Possiamo competere solo innovando o anche inventando, trovando un rapporto nuovo fra il sapere e il saper fare».

Come è stato accolto il suo intervento dalla Cgil?
«Direi bene, molto bene. Questi concetti con il sindacato li stiamo discutendo da anni. Qualche tempo fa sarei apparso uno strano individuo a dire certe cose in un congresso della Cgil, ora il nesso fra ambiente e lavoro è chiaro a tutti».
E’ cambiato il sindacato o sono cambiati gli ambientalisti?

«Tutti e due, come è normale che sia. Noi ambientalisti siamo un po’ più concreti di vent’anni fa, il sindacato ha un’attenzione più forte nell’ascoltare certi argomenti. La novità vera è che abbiamo, per esempio, un giudizio simile sul Patto per lo sviluppo della Toscana: era una cosa buona, che offriva molte possibilità, e che invece non è decollata. Per la prima volta, una parte delle critiche anche alle nostri istituzioni, sono comuni a Cgil e ambientalisti».

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