[08/11/2006] Parchi

Pianificazione urbanistica: ma perché dei parchi non si parla?

PISA. Su Montichiello e sulla necessità di rimediarvi o quanto meno di impedire che l’esempio faccia scuola in Toscana e altrove vi è un larghissimo accordo. Non altrettanto invece sulle modalità, visto che per talune anche autorevoli personalità intervenute, la responsabilità è principalmente dei sindaci e della regione che ha dato loro con la sua legge troppa corda. Non altrettanta fiducia la regione avrebbe invece manifestato nei confronti delle Sopraintendenze. Da qui l’inefficace tutela dello stupendo paesaggio toscano esposto ai nuovi ‘vandali’.

Per uscirne al più presto e bene con una ‘buona urbanistica’ occorre quindi ristabilire precise gerarchie pianificatorie. Ora qui colpisce non soltanto una antica vocazione per le politiche affidate al ‘comando’ perché l’inaffidabilità dei sindaci non sarebbe altrimenti curabile, ma anche l’omissione di altri ruoli istituzionali che nel ‘Governo del territorio’ – così infatti si intitola la legge regionale toscana - sono importanti e per molti versi decisivi. Chiunque, ad esempio, avrà potuto notare che le province sono state assolutamente assenti e ignorate in tutta questa gran bagarre.

Infatti hanno fatto – finalmente - la loro comparsa soltanto in occasione dell’accordo recentemente firmato dalla regione con l’Anci e l’Urpt sul piano territoriale di indirizzo.
Ma non meno clamorosa è stata e continua ad essere l’assoluta assenza dei parchi e delle aree protette che appare tanto più inspiegabile vuoi perché non occorre certo scomodare la Carta europea sul paesaggio per sapere che esse sono soggetti tra le cui finalità la tutela del paesaggio è fondamentale, vuoi perché proprio nei territori tanto presi di mira sono presenti –purtroppo solo sulla carta e in maniera fasulla - aree protette tanto che un recente e ponderoso documento regionale sul Piano regionale d’azione ambientale (Praa) si ipotizza la istituzione di un parco – addirittura nazionale - per l’Amiata e la Val d’Orcia.

E tuttavia nonostante ciò i parchi toscani che hanno avuto anche recentemente significativi riconoscimenti europei e che nel caso del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli sono nati all’insegna di una vincente battaglia contro una colossale speculazione dinanzi alla quale Montichiello impallidisce, sono stati bellamente e totalmente ignorati.

Il che specie dopo tutto quello che è accaduto negli ultimi anni con Matteoli e un governo che ha fatto di tutto per mettere in un angolo i parchi mortificandone il ruolo e tagliandogli le risorse appare davvero inconcepibile. E qui possiamo collegarci ad alcuni temi e interrogativi posti da Massimiliano Pellerino nel suo intervento ‘ Sovracomunalità in crisi: perché?’ pubblicato sul sito Eddyburg.it.

La sovracomunalità è da anni una delle croci e delizie del dibattito autonomistico dovuta principalmente alla dimensione – specie in alcune regioni - micro di moltissimi comuni. Massimo Saverio Giannini tanti anni fa pensava poco realisticamente alla loro riduzione a 1000. Ma anche chi più realisticamente tentò altre vie soprattutto in Toscana inventando le associazioni intercomunali in cui qualcuno non meno utopicamente prefigurava il ‘nuovo’ comune toscano dovette presto desistere e lasciar perdere.

Non meno contradditoriamente fu di volta in volta fino ai giorni nostri concepito il ruolo delle province. Prima e più ragionevolmente come istituzione non più meramente settoriale e burocratica ma dedita alla aggregazione comunale specialmente in territori altrimenti destinati ad una pericolosa disgregazione e degrado localistici.

Poi inopinatamente le province entrarono nei fari degli abrogazionisti a cui seguì per fortuna la legge 142 che ne ridefinì i ruoli in questa visione ‘integrata’ di cui il Piano Territoriale di Coordinamento è forse l’espressione più compiuta e matura. Questa estate e proprio mentre riprendeva il dibattito sul ruolo dei piccoli comuni e sulle forme e gli strumenti più idonei per aiutarne l’aggregazione e la collaborazione si è tornati a discutere della abrogazione delle province sicuramente aiutata da una certa incontrollata proliferazione.

E tanto per cambiare a qualcuno è venuto in mente che semmai era preferibile anziché cancellare le province fare un solo comune dove ora ce ne sono più d’uno come all’Elba. Inutile dire che questo andirivieni rischia di far fare alle istituzioni locali la fine dei polli di Renzo. Qui ha ragione Pellerino a chiedersi se la sovracomunalità è realisticamente e concretamente perseguibile. Lui si chiede e chiede, ad esempio, se i piani intercomunali hanno avuto un seguito e quale. La risposta è stata fin troppo facile: no.

Perché? Qui è rispuntato nella risposta l’argomento che i comuni pensano ognuno per conto suo e che perciò è sbagliato fare dei comuni il punto di base a cui riferire il decentramento previsto dalle Bassanini. Ma la risposta non è corretta per almeno due ragioni. Innanzitutto perché l’affidamento della gestione ai comuni deve rispondere a criteri di adeguatezza anche dimensionale.

Insomma se ci sono – e ovviamente ci sono- livelli diversi e più congrui di quello comunale per gestire al meglio determinati compiti sarà quella strada da battere e non quella municipale. Ma l’altra e non meno importante ragione è che se i piani intercomunali sono falliti non è stato così per i piani di tantissimi parchi e aree protette i cui piani per dimensione e soprattutto per tipologia vanno ben al di là di quelli intercomunali la cui impronta decisiva era quella di carattere urbanistico. Come mai i parchi sono riusciti a fare piani di tanti comuni, province ed anche più regioni? E non si dica che erano meno complicati perché qui ci si è dovuti misurare per la prima volta con temi quali il paesaggio, la biodiversità e molto altro ancora.

Anzi per quanto riguarda il paesaggio – ed è grave che a Montichiello lo si sia dimenticato - va detto che sono riusciti a fare di più e meglio i parchi che gli altri soggetti pur specificamente preposti. Dove sta il ’segreto’ di questo successo non certo aiutato dalle politiche nazionali del precedente governo? Sta nel fatto che qui pur tra contrasti e beghe ha prevalso alla fine la ‘leale collaborazione’ istituzionale. Il piano dei parchi come dice la legge con termine poco felice è sovraordinato a tutti gli altri e così è stato ma nel senso che nessuno ha imposto nulla ma faticosamente e pazientemente costruito una intesa.

Insomma oggi i parchi sono dal punto di vista istituzionale il soggetto più aggregante e unificante tra soggetti spesso in lite tra di loro. E non è cosa da poco che oggi a differenza del passato siano più i comuni che vogliono entrare nei parchi di quelli che vogliono uscirne. Ecco perché per me rimane un mistero che nel dibattito non ancora concluso sugli ‘ecomostri’ di tutto questo nessuno abbia parlato.

La presenza e il ruolo dei parchi è poi un fortissimo deterrente verso politiche distruttive del paesaggio e dell’ambiente anche fuori dai loro confini perchè le loro politiche debbono proiettarsi come è stato detto in un recente Congresso mondiale a Durban ‘oltre i confini’.

Mi piace ricordarlo anche per un timore più volte espresso da Vezio de Lucia e cioè che i parchi rischiano di attirare tutta l’attenzione su di sé lasciando sguarnito l’esterno. Ecco, proprio per lasciare meno sguarnito l’esterno è bene che i parchi siano a tutti gli effetti anche di questa partita che altrimenti non potrà essere vinta.

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