[07/11/2006] Aria

Nairobi, Greenpeace: «Le generazioni future non ci perdoneranno»

ROMA. Greenpeace lancia un drammatico appello ai governi riuniti a Nairobi per la dodicesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, la prima a svolgersi nell´ Africa subsahariana e che discute anche delle misure di adattamento e sulla necessità di aiutare i paesi in via di sviluppo, che maggiormente soffrono l´impatto del cambiamento climatico.

«Le generazioni future non ci perdoneranno – dice Francesco Tedesco, responsabile clima dell’associazione - Gli impatti più significativi del cambiamento climatico possono ancora essere evitati, ma solo se i governi agiscono ora. Nei prossimi 10-15 anni si chiuderanno le possibilità di intervenire e non riusciremo a contenere l´aumento globale della temperatura sotto i due gradi centigradi".

Greenpeace ha presentato proprio a Nairobi un rapporto e un documentario, "Cambiamenti climatici, vite che cambiano" che evidenziano, anche con le testimonianze di vittime del cambiamento climatico in Brasile, i legami tra la distruzione della principale foresta del pianeta, quella amazzonica, e il cambiamento climatico dovuto anche alla deforestazione che, ad esempio fa salire il Brasile al quarto posto nella classifica mondiale per emissioni di gas serra.

Per Greenpeace «entro il 2020 bisogna arrivare alla riduzione delle emissioni del 30 per cento da parte dei paesi industrializzati, e almeno al 50 per cento entro il 2050. Le fonti fossili sono destinate ad esaurirsi rapidamente, circa 40 anni per il petrolio e 50 anni per il gas. Per garantirci la sicurezza degli approvvigionamenti l´imperativo è passare rapidamente ad un´economia che privilegi l´efficienza energetica e le rinnovabili». Greenpeace si avvale anche dello studio condotto insieme al Centro aerospaziale tedesco (Dlr) che preve che con l’utilizzo massiccio di fonti rinnovabili «si potranno ridurre dell´80 per cento le emissioni di anidride carbonica nell´Ue entro il 2050. Un obiettivo realistico che si può raggiungere abbandonando allo steso tempo la pericolosa strada del nucleare».

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