[20/10/2006] Comunicati

Agli universitari toscani non piace la scienza?

FIRENZE. L’istituto regionale programmazione economica toscana (Irpet) ha svolto un’indagine sulle immatricolazioni nelle università toscane ed in particolare nelle facoltà scientifiche. Anche se la richiesta di neolaureati che viene dalle imprese toscane è in crescita, le iscrizioni sono in calo. Quindi sebbene dopo la forte decrescita di iscrizioni negli anni ’90, la tendenza a iscriversi alle università di Siena, Firenze e Pisa sia in crescita, le facoltà scientifiche nel quindicennio 1990/’91-2004/’05 hanno perso il 17,1% delle immatricolazioni, mentre Lettere sale del 55,8%, in medicina e chirurgia del 238,1%) e in veterinaria del 178,3%.

Se si analizzano i dati Irpet riguardanti le facoltà scientifiche si assiste ad un lieve aumento dal 2000/2001, ma nei 15 anni presi in considerazione architettura perde il 33.7% degli immatricolati; scienze matematiche fisiche e naturali (Smfn) hanno un calo del 22%, tiene solo ingegneria con un +1,4%, ma con cali ed aumenti altalenanti.

Nell’anno accademico 2004/2005 hanno scelto le facoltà scientifiche 6.127 studenti sui 22.702 che frequentano le università toscane. Ogni 100 immatricolati l’11,5% ha scelto ingegneria ed solo il 6,8% Smfn, mentre il 15.4% ha scelto lettere e il 10% economia.

Il dato positivo è quello dell’aumento dei laureati in toscana, grazie anche al cosiddetto “3+2”, che ha portato a un eccezionale incremento annuale dovuto alle “lauree di base”. Anche qui i tassi di conseguimento della laurea sono altissimi per le facoltà come scienze politiche, medicina e chirurgia e psicologia, mentre le percentuali di chi consegue la laurea nelle facoltà scientifiche sono sempre sotto la media: 91% ad ingegneria, 72,7% architettura e appena il 66% a scienze matematiche fisiche e naturali.

Eppure, nonostante lo scarso utilizzo di laureati da parte delle piccole e medie imprese toscane (7% di laureati, il 34% di diplomati, il 38% di scuola dell’obbligo), i laureati nelle facoltà scientifiche sono il 41% tra quelli richiesti dalle imprese, in particolare nei settori chimico farmaceutico (19%) e ingegneristico (18,8%), mentre la domanda di laureati in lettere è pari ad un misero 0,6%.

Probabilmente in questa difficoltà ad iscriversi alle facoltà scientifiche e poi a raggiungere la laurea si sconta ancora una “diffidenza” molto italiana verso la scienza ed una predilezione tradizionale verso le facoltà “umanistiche”. Un pregiudizio che non ha certamente radici nella grande tradizione italiana, fatta anche di geni assoluti nella storia dell’umanità, premi Nobel e grandi risultati nella ricerca pura ed applicata, ma che forse viene più da vicino: da una scuola che troppo spesso ammanta con un velo di difficoltà e mistero gli studi scientifici, da una società che ha difficoltà a trattare, soprattutto nei media più diffusi come la televisione (al di la di meritevoli e rari programmi divulgativi), le tematiche della scienza applicate alla ricerca, all’ambiente ed alla vita quotidiana.

Ma la diffidenza degli studenti è probabilmente originata dalla fatica per studi che spesso finiscono nell’emigrazione dei cervelli e probabilmente anche dagli scarsi finanziamenti, pubblici e privati, alla ricerca che fanno intravedere questo come un mondo “povero” e dove è difficile fare strada.

Insomma, anche da questi dati si legge la realtà di un paese che vive una accezione della modernità quasi tutta incentrata nel design, nell´innovazione di prodotto, nella comunicazione (intesa come pubblicità) e nel marketing. E non ancora maturo per percorsi di integrazione eco-eco che passano obbligatoriamente per politiche industriali di nuova generazione, determinate dalla ricerca applicata e dal conseguente trasferimento tecnologico. Funzionali, l´una e l´altro, ad innovazioni di processo orientate dalla sostenibilità ambientale.
Forse fra le matricole universitarie della toscana c’è anche un nuovo Leonardo o un Galileo, ma faticherà non poco ad affermarsi se l´industria, nei fatti, non si riposiziona nel territorio secondo i criteri della sostenibilità.

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