[20/10/2006] Comunicati

Monsignor Agostinelli: «La Chiesa deve recuperare la sensibilità ecologica»

VERONA. L’intervento di Papa Benedetto XVI al convegno ecclesiale di Verona ha ribadito l’impegno della Chiesa per la tutela della vita dall’inizio all’ultimo istante e per contrastare guerre, terrorismo, fame e sete. Ma nessuna nota invece per quanto riguarda un possibile impegno nei confronti del contesto in cui questa maggiore giustizia dovrebbe compiersi, ovvero l’ambiente.
Abbiamo intervistato sui questi temi il vescovo di Grosseto Franco Agostinelli (nella foto), impegnato anche lui a Verona nei lavori del convegno ecclesiale.

Monsignor Agostinelli sia dalla discussione del convegno sia dalle parole di Papa Ratzinger emerge con forza la necessità e la volontà della Chiesa di impegnarsi per proteggere la vita e contrastare guerre, terrorismo, fame e sete. Ma non si legge però mai un accenno alla necessità di contrastare al contempo anche la continua e inesorabile distruzione del pianeta da parte dell’uomo. Perché?
«Io credo che questo Convegno andrà riletto con molta calma e che ci siano in nuce molti temi non sollevati dal dibattito. L’ambiente è uno di questi. Ma credo che non sia una reticenza voluta, quanto dovuta da altre tematiche messe in primo piano».

Ma perché si mettono avanti sempre altre priorità? Non è una priorità anche frenare ad esempio il surriscaldamento del pianeta che è già causa e ancor di più lo sarà di carestie e milioni di profughi?
«E’ vero questa è una mancanza ed un limite del mondo cattolico, che deve essere recuperato ad una sensibilità ecologica. Si insiste nella questione antropologica, di formare l’uomo per avere attenzione ai temi della vita e l’ambiente è senza dubbio uno di questi. Ma ci siamo fermati a monte, senza considerare l’ambiente. La sensibilità c’era nel mondo cattolico, basti pensare a San Francesco. C’è quindi una sensibilità da recuperare. E i movimenti ecologisti svolgono un importante stimolo da questo punto di vista per la Chiesa».

Veniamo al problema della guerra e delle spese belliche. Non le sembra che vi sia poca consequenzialità tra le parole e l’impegno concreto? E non è una contraddizione che i cappellani militari benedicano addirittura le armi?
«Nella mia diocesi c’è un cappellano militare che ora è a Nassiriya, ma non è certo là per benedire le armi, quanto per dare assistenza a persone impegnate in una guerra che certo non condividiamo. Tutte le volte che si sono avviate guerre, l’unica voce che si è sempre levata contro è quella della Chiesa. Sulle guerre non c’è niente da discutere, non esistono guerre sante. Le guerre sono tutte maledette. Però non dobbiamo buttare addosso al mondo cattolico la responsabilità di un governatore che scatena la guerra. Quando fanno certe scelte, le fanno al di là della loro fede.
Io credo che parlare contro la guerra e a favore della pace faccia fare un cammino anche a loro. C’è un vissuto che ha perso la fede e che deve riacquisire i valori fondamentali che fanno parte del vangelo. A quei valori dobbiamo riavvicinarci, alle parole di Dio che ci permettono di acquisire coerenza. Ci vuole una conversione che riguardi tutti i valori universali».

Nel frattempo però sono i diritti che vengono calpestati, in tante parti del mondo.
«E’ vero ho parlato in questi giorni con molti nunzi apostolici di paesi come l’Armenia o la Georgia, dove succedono cose che purtroppo non vengono raccontate, che non hanno spazio nemmeno sulla stampa».

Non è un caso che proprio associazioni come Amnesty international o Humans right watch non abbiano ottenuto le autorizzazioni per continuare ad operare in Russia. Ma veniamo ad un altro tema del convegno di Verona. Ruini è stato piuttosto contestato nel suo operare dalla base, e c’è una richiesta di maggior democrazia nella elezione del presidente della Cei.
«Ruini non gode di grande consenso anche da parte della conferenza episcopale, naturalmente con i dovuti ossequi. Riguardo alla maggior democrazia, i prossimi passi saranno proprio in questo senso. Già c’è stata una consultazione all’interno della Cei su una possibile rosa dei nomi, su cui poi naturalmente deciderà il Vaticano».

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